Insinna: “Don Matteo? Che imbarazzo incontrare Terence Hill, mi ha detto una cosa sull’addio”. Il personaggio interpretato da Flavio Insinna torna a Don Matteo 13, l’attore e conduttore ha anche incrociato Terence Hill sul set. Ne ha parlato in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Che sensazioni ha provato tornando su quel set da cui mancava dalla fine della quinta stagione?
«Speravo di non fare come Ulisse che torna a casa e viene riconosciuto solo dal cane (ride). Scherzi a parte, quando al primo ciak Nino Frassica e io ci siamo trovati nuovamente di fronte in divisa ci siamo guardati non senza un pizzico di imbarazzo. In quei momenti vedi la vita, gli anni passati, le cose fatte insieme, anche se in realtà noi siamo amici e non ci siamo mai persi di vista. Il tempo, però, passa. Come dice De Niro nel film “Casinò”: “Non andiamo ringiovanendo”. Per un attimo siamo sembrati Totò e Peppino quando chiedono al vigile milanese: “Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?” (ride). A un certo punto, però, ho guardato Nino e gli ho detto: “Daje, Ni”. Lui ha arricciato il baffo come fa quando sorride e, allora, ho capito che sarebbe andata bene».
[…] Sul set ha ritrovato anche Terence Hill.
«Quando me lo sono trovato davanti con la tonaca ho provato lo stesso imbarazzo di cui parlavo prima, quello di chi si vuole bene e si ritrova dopo tanto tempo. Ma anche con lui è durato poco come, del resto, con tutti gli altri: amici che è stato bello rivedere, come Francesco Scali e Pietro Pulcini (rispettivamente il sagrestano Pippo e il brigadiere Ghisoni, ndr), ma anche Maurizio Lastrico e Maria Chiara Giannetta. Ci siamo subito messi a giocare tutti insieme».
Insinna: “Don Matteo? Terence Hill mi ha detto una cosa”
Quando le hanno parlato di “Don Matteo 13” le hanno detto anche che sarebbe stata la stagione dell’uscita di Terence Hill?
«Non subito, l’ho saputo dopo».
E ne ha parlato con lui?
«Sì, e ho capito che aveva ragione quando, con la sua grande sensibilità, mi ha detto: “Flavio, c’è un tempo per tutto”. Quando parla dei suoi film western, Terence dice sempre che il cowboy è quello che arriva, risolve e poi riparte perché il suo tempo là è finito. Da spettatore è ovvio che spero che un giorno possa tornare, ma devo dire che mi piace chi non rimane aggrappato alla poltrona. Gli ho chiesto: “Terence, e adesso cosa farai?” e lui mi ha risposto: “Niente. Il mare, la famiglia”. La vita, insomma».
Al posto di Terence arriverà Raoul Bova.
«È come dire a un calciatore di prendere la maglietta di Totti! Purtroppo le sceneggiature non prevedono interazioni tra noi e dunque non abbiamo girato insieme. Però ho incontrato Raoul sul set e al trucco e mi è sembrato bello dentro e fuori, e già entrato nell’armonia della famiglia di “Don Matteo”. Che poi, dobbiamo dirlo: la sua non è una sostituzione, lo spirito di Terence è sempre là. Pensiamo, piuttosto, a una sorta di “Aggiungi un posto a tavola” in cui lui porta il suo essere Raoul Bova e lo mette al servizio della serie. Senza voler fare paragoni, e con le dovute differenze, è la stessa cosa che è successa a me quando ho iniziato a condurre “L’eredità”: non ho sostituito Fabrizio Frizzi, anche perché non sarebbe stato possibile».
Insinna: “Don Matteo spartiacque di carriera e vita”
[…] Torniamo a “Don Matteo”: la prima serie risale a più di vent’anni fa eppure è un prodotto ancora estremamente attuale.
«Il merito è degli autori che, come dicono quelli bravi, riescono sempre a unire continuità e novità. Ogni volta ritrovi i personaggi di sempre ma i temi trattati vanno di pari passo con la società in cui viviamo. In questo sta la freschezza della serie. Attraverso la commedia, per esempio, si è esplorato il mondo dei giovani, le loro dinamiche, le problematiche dell’adolescenza, le discoteche, le chat e tutto quello che può succedere. E poi c’è l’eterna lotta tra il bene e il male. Il dolore e i cattivi non mancano ma è il mondo in cui tutti vorremmo vivere perché, alla fine, il male perde. Chi di noi, in un momento di difficoltà o di sconforto, non vorrebbe incontrare sulla sua strada un sacerdote come don Matteo o un carabiniere come il maresciallo Cecchini?».
[…] Che cosa ha rappresentato “Don Matteo” nella carriera di Flavio Insinna?
«Uno spartiacque, per la carriera ma anche per la nascita di molte amicizie. Ancora oggi non posso far altro che ringraziare il regista Enrico Oldoini per avermi chiamato per il ruolo del capitano Anceschi. È stato un regalo. Dopo il diploma al Laboratorio del maestro Gigi Proietti, avevo fatto teatro e qualche piccolo ruolo nei film ma è con “Don Matteo” che è partito tutto».
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