Claudio Amendola: “Rimpianti? Uno, ho sbagliato perché sono un cogl****. Mi infastidire quando mi danno del coatto”. Claudio Amendola e i rimpianti, l’attore romano si racconta ripercorrendo le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] Rimpianti professionali?
«Non aver fatto Il bagno turco di Özpetek».
Perché non lo fece?
«Perché non mi credevo giusto, non pensavo di essere capace, non avevo capito Ferzan, perché sono un coglione. Non ero abbastanza maturo per capirlo».
Come le è venuto in mente di fare un film come «I cassamortari»? Volontà di esorcizzare la morte?
«La morte mi ha sempre affascinato con tutto il dolore che ne consegue, la ritualità, rispetto per chi se ne va e chi resta. Io cerco sempre di trovare un lato per sdrammatizzare, cerco sempre il lato positivo, il bicchiere mezzo pieno, è la mia forza e anche il mio limite, questione di carattere. Ai funerali succedono sempre cose divertenti, è imbarazzante, non è bello dirlo, ma ho assistito a scene che mi hanno fatto ridere. E il mondo dei servizi funebri, che a Roma chiamiamo cassamortari, mi ha sempre incuriosito. Prima li vedi con le facce di circostanza, rispettosissime e poi appena il corteo entra in chiesa, si appoggiano alle colonne, fumano, cazzeggiano».
È vero che George Clooney le ha dato buca?
«L’ho scritto con una sceneggiatrice italoamericana, volevo ambientarlo in Usa con lui che cadeva da cavallo sul lago di Como e si rovinava la faccia. E quelli delle onoranze funebri che gliela ricostruivano per il funerale. Ho scritto una lettera all’avvocato di Clooney»
E?
«Non mi ha risposto. Così ho riportato la storia in Italia, racconta abbastanza le nostre bassezze».
Claudio Amendola: “Rimpianti? Il bagno turco di Özpetek”
[…] Ha lavorato con grandi registi, Marco Risi, Marco Tullio Giordana, Ettore Scola, Carlo Mazzacurati, Patrice Chéreau solo per citarne alcuni, ma non ha mai disdegnato la tv, non solo fiction e serie ma anche programmi pop, «Amici», «Miss Italia», «Domenica in», i talkshow, le trasmissioni di calcio. Perché?
«La verità è che in televisione mi diverto tantissimo, la prendo con grande leggerezza. Sono consapevole che la mia popolarità viene principalmente dal piccolo schermo, molto più che dai film, seppur ne ho fatti di importanti. È la tv che dal 1981 mi porta dentro la casa della gente, a quasi sessant’anni me ne faccio un vanto».
Ci è appena tornato con la terza stagione di «Nero a metà».
«Come Giulio de I Cesaroni, ci sono personaggi che mi accompagnano, a cui voglio bene. All’ispettore Carlo Guerrieri sono molto legato, quest’anno ho fatto anche la regia, ereditata dalle sapienti mani di Marco Pontecorvo, mi godo il rapporto con gli attori, tutti, bravissimi, e il fatto di aver innestato nel poliziesco, situazioni di commedia, cose che fanno ridere».
Non ha finito il liceo, le pesa?
«Ormai è un dato di fatto acquisito, ho passato la fase in cui me ne facevo un cruccio. Me ne sono fatto una ragione. E anche quella in cui me ne vantavo, per fortuna. Ci sono lacune che, senza la scuola, non recuperi più. Come la filosofia, la letteratura, cose che è giusto studiare da giovani, quando sei una spugna. Poi ci puoi provare ma non hai più la voglia o il tempo necessario per recuperare. O forse lo troverò, chissà?».
Claudio Amendola: “Rimpianti? Uno soprattutto”
Cosa le dà fastidio che dicano di lei?
«So poco quello che dicono di me, non ho i social, non faccio vita mondana, ho zero frequentazioni dell’ambiente. Una cosa mi dispiace».
Ovvero?
«Quando, è capitato raramente ma è capitato, sono stato descritto come arrogante, coatto veramente. Non lo sono, lo faccio al cinema. Lo ritengo una calunnia e mi ferisce. Sono uno pacato e accondiscendente, fino a un limite che non permetto a nessuno di superare. Ho grande rispetto per il lavoro di tutti. Contano molto i rapporti che hai con tutti quelli che lavorano con te. Mica mi danno retta solo per il faccione mio, come diceva Sordi».
I suoi figli le danno retta?
«Ho rapporti buonissimi con loro, sono fortunato. Alessia e Giulia — nate dal legame con Marina Grande, ndr — sono donne adulte con vite ormai sicure, le stimo molto».
E Rocco, nato dal suo matrimonio con Francesca Neri?
«A lui qualche no l’ho detto, avevo più pratica. Ha 23 anni, dopo la pandemia ha iniziato a lavorare nella produzione, la parte meno gloriosa del set, la più faticosa. Sta facendo una bellissima gavetta, dal gradino più basso. E questo, non nascondo, mi riempie di orgoglio».
Chi sono i suoi amici, con chi si rilassa?
«Io cerco di stressarmi il meno possibile, questo lavoro dipende da come lo prendi. Mi rilasso molto con i nipoti, con i miei figli, mi rilassa molto giocare a golf anche se mi incazzo perché non la pijo mai. Mi rilasso sul divano a vedere la televisione».
[…] Visto che ha fatto un film sui funerali, ci pensa mai al suo?
«Mettiamola così. Mi piacerebbe tantissimo aver vissuto tutto quello che la vita mi offre perché le persone che lascio siano sorridenti, che possano dire: il papà, mio marito, il mio amico ha vissuto bene, va bene così. Vorrei un funerale allegro. Dove si canta».
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