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Spettacolo

Panariello: “A Sanremo tutto importa meno che la musica. Non lo rifarei, c’è embargo delle case discografiche contro televisioni e radio”

Panariello: “A Sanremo tutto importa meno che la musica. Non lo rifarei, c’è embargo delle case discografiche contro televisioni e radio”. Giorgio Panariello su Sanremo e non solo, il comico e conduttore toscano parla, tea le altre cose, della sua esperienza sul palco dell’Ariston in una intervista a Il Corriere fiorentino. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] sono passati 20 anni esatti da «Torno sabato» e da un successo travolgente. Quello spettacolo fu uno spartiacque per lei, Giorgio Panariello…
«Il mio secondo trampolino di lancio. Il primo, a Vernice Fresca con Carlo Conti, ci ha fatto diventare delle celebrità in Toscana. Ma il lancio verso la luna, l’apice, è avvenuto con quel programma: per la prima volta ero protagonista e non solo coprotagonista di qualcosa. Certo che poi il problema è rimanerci, a quei livelli».

Per lei non è stato un gran problema, a vedere i risultati.
«Non lo è stato, ma lo è sempre. È come quando hai una squadra che sta stabilmente in zona Champions League: i tifosi ti chiedono di vincere lo scudetto ogni anno. Mica facile. Poi ci sono gli errori che inevitabilmente…».

Lei quali si imputa?
«Tutti gli errori che ho commesso, in termini di scelte artistiche, sono sempre stati fatti per accontentare la critica. Oggi non vengo più criticato come un tempo, forse viene apprezzata l’esperienza, non lo so. Ma in passato il pubblico mi voleva bene, e la critica meno. Anche nei momenti di massimo splendore. Mi dispiaceva e provavo a venirle incontro con scelte di scrittura, di personaggi, di battute, che non si sono rivelate giuste per il pubblico. Ma poi la vita ti assesta sempre».

Panariello: “A Sanremo tutto importa meno che la musica”

Si riferisce a quando ha presentato il Festival di Sanremo?
«No, Sanremo è una storia a parte. Non fu sbagliato fare il Festival, sbagliai i tempi per farlo. Sanremo ha senso se hai i cantanti bravi e quando me lo proposero non potevo sapere che sarebbe arrivato l’embargo delle case discografiche contro televisioni e radio. Come lo fai Sanremo senza cantanti?».

Avrebbe voglia di riprovarci, a tre lustri di distanza?
«Boh. Sinceramente no. Non ne sento l’esigenza. Avendolo vissuto ho capito che a Sanremo tutto importa meno che la musica. Quindi anche no grazie. E poi io sono un comico, ed è sempre pericoloso per un comico fare il presentatore: il comico cerca sempre di metterla in burla e lì non va bene. E poi la gente ti vede col papillon e rischi di svilirti. Secondo me dovrebbe condurlo Amadeus per tutta la vita. Lui è perfetto. Anche Baglioni era giusto che fosse “a tempo”, mentre Amadeus ha le caratteristiche per farlo per sempre».

[…] È cambiato il bisogno di ridere, prima e dopo la pandemia?
«Chi viene ora a teatro ha il biglietto in tasca da due anni. Per gli spettacoli rimandati per la pandemia. Se qualcosa è cambiato, è la voglia di farsi tirare dentro a una favola come si fa coi bambini. E magari la voglia di rivedere il vecchio amico Giorgio che non vedevano da due anni».

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