Isabella Ragonese si racconta: “Yara Gambirasio e Letizia Battaglia? Ho avuto paura in entrambi i casi”. Isabella Ragonese si racconta, l’attrice palermitana ripercorre le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] ai ruoli da donna tosta è abituata: la pm Letizia Ruggeri, per esempio, che malgrado le difficoltà non ha mollato le indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio.
“Ero un po’ spaventata: in casi come questo si studiano le interviste, le immagini di repertorio per ispirarsi, invece Marco Tullio mi ha chiesto di inventare la mia Letizia Ruggeri… La cosa assurda è che lei stessa si è stupita: “Mi somigli persino quando mangio il panino!”. Ecco perché sono innamorata del mio lavoro: una grandissima bugia si avvicina alla verità assai più dell’approccio filologico e ossessivo!”.
Nessun dubbio nell’accettare Yara? Un soggetto a rischio morbosità.
“No, assolutamente! Il cinema di Giordana è rigoroso: non c’è ansia di piacere, di accalappiare il consenso. Non è uno che consente l’escamotage, il trucchetto, l’attore che si salva ammiccando… Era un’occasione per migliorarmi. A proposito, un terzo comune denominatore della mia carriera: davanti a un progetto mi chiedo, forse egoisticamente, se mi metterà alla prova. E se ci sarà comunicazione con il regista: anche i provini li vivo come un incontro per verificare se ci si capisce”.
Isabella Ragonese si racconta: “Ho avuto fortuna: tra teatro e schermo, non ricordo di essere rimasta ferma”
E quando non viene presa?
“Ho avuto fortuna: tra teatro e schermo, non ricordo di essere rimasta ferma. E, comunque, sono fatalista: se non va, non doveva andare. Ci si rimane male, ci si rimboccano le maniche e si passa oltre. Magari questa reazione è dovuta alla mia sicilianità… Una volta ero in una delle nostre bellissime isole e il traghetto non partiva, c’era burrasca. I villeggianti si agitavano e una signora del paese, in un angolo, li guardava scuotendo la testa: inutile, se il mare non vuole, non si naviga. Cerco di non sprecare energie su quello che non posso cambiare. Nella vita sono sempre stata così. Anche il modo in cui ho iniziato…”.
Come ha iniziato?
“Non c’è stato un momento a cena in cui ho fatto tin tin sul bicchiere e ho detto: “Signori, voglio diventare attrice”. È capitato che, al liceo, la professoressa di latino e greco mi suggerisse il corso di teatro come attività extrascolastica. Lì l’insegnante vide delle potenzialità e mi consigliò di iscrivermi all’unica scuola gratuita a Palermo, la Teatès… Ho provato subito la sensazione del pesce nell’acqua: ero nel mio posto nel mondo, lì non mi poteva succedere niente, ero protetta”.
[…] È reduce da una full immersion di sicilianità: ha impersonato Letizia Battaglia, leggendaria fotoreporter e sua concittadina, nella miniserie di Roberto Andò.
“Letizia è forse la persona più schietta e sincera che conosco. È come se noi palermitani fossimo stati educati a stare zitti, a non sottolineare la stranezza (io camminavo tra i militari, poteva esplodere una bomba in qualsiasi istante ma procedevo, bisognava dissimulare) e, per reazione, esprimersi è diventata una necessità morale e quasi fisica. Che terrore l’incontro con lei, non avrebbe avuto problemi a dire al regista che non funzionavo”.
Isabella Ragonese si racconta: “Non sono chiusa, è che per il mio lavoro sono già super esposta”
E invece?
“Invece abbiamo passato un pomeriggio insieme, chiacchierando del più e del meno, e alla fine ha commentato: “Per me è lei!””.
Eppure sembrate diverse: la Battaglia così estroversa, lei un po’ chiusa…
“Non sono chiusa, è che per il mio lavoro sono già super esposta: quando in scena piango, soffro, mi innamoro è finto, certo, però qualcosa di mio ci metto… In realtà, io e Letizia abbiamo tanto in comune. Siamo entrambe osservatrici, innanzitutto: a me piace ascoltare gli altri, se a una festa c’è qualcuno in crisi mi individua subito come bersaglio per raccontarmi i suoi problemi (sorride). La vera differenza è che lei è provocatoria, io no. Mi ha colpito quando mi ha suggerito: prima di scattare, pensa al soggetto. Lo vuoi sedurre, lo vuoi sfidare? E lui – o lei – ti guarderà in reazione al tuo atteggiamento… C’è anche un’espressione siciliana che ci accomuna, una specie di mantra”.
Quale?
“Non posso ripeterlo, e a ogni modo non si potrebbe scrivere: troppo greve! Serve a fingersi forte quando non lo si è… Fa ormai parte del mio kit di sopravvivenza. Il nemico peggiore di te stesso sei tu, con la tua capacità di immaginare il peggio. E so di cosa parlo, avendo il terrore dell’aereo!”.
Per me è stato illuminante il vostro detto che suona, più o meno: non puoi rispondere a ogni cane che abbaia.
“Non lo conoscevo, però funziona: si torna lì, al fatalismo siciliano: inutile dannarsi su quel che non puoi cambiare. C’è a chi piaci e c’è a chi non piacerai mai: “Ogni testa è tribunali”, ognuno emette la sua sentenza. E trovo verissimo: “Cu mancia fa muddichi”, chi mangia lascia le molliche. Meglio l’azione – col rischio di sbagliare – che l’immobilismo”.
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