Ilona Staller: “Koons mi ha fatto cose tremende. Rapporti con i miei animali? Ecco la verità”. Ilona Staller su Koons e non solo, l’ex attrice a luci rosse parla a tutto tondo delle sue relazioni rivelando alcuni retroscena in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] Enzo Biagi una volta la chiamò «la Callas del sesso», per la sua «voce inconfondibile».
«Sì, è vero, in tv. Comunque, mio padre ci abbandonò che avevo tre anni. Quando ero adolescente mia madre mi portò a casa sua, dove viveva con un’altra famiglia, per fargli firmare delle carte perché dovevo andare in Jugoslavia. “Neanche l’abbracci? È tua figlia”, lo rimproverò. Lui niente. Non l’ho più visto».
Salvatore, il suo primo marito.
«Era di origine calabrese, impiegato in un’agenzia di viaggi. Lo conobbi a Budapest al Continental, dove lavoravo come cameriera. Avevo vent’anni, lui venticinque più di me. Prima delle nozze cambiai idea e gettai l’anello sulla neve, ma il mio patrigno mi costrinse a sposarlo lo stesso, altrimenti sarebbe stata una vergogna. Il prete disse: “Questa è la sposa più triste che abbia mai incontrato”. Andai a vivere con lui a Milano, vicino alla Stazione Centrale, in un abbaino dove non c’era nemmeno il posto per fare la doccia. Mangiavamo pastasciutta tutti i giorni perché non potevamo permetterci la carne. Allora cominciai a lavorare come modella: con il mio book sottobraccio e una cartina in mano andavo a fare i provini. Dopo un anno gli dissi che volevo divorziare. Lui disse bene, purché paghi tu l’avvocato. Per fortuna non ero ancora famosa, sennò avrei dovuto mantenerlo».
Riccardo Schicchi.
«Prima c’è stato Andrea, un playboy con la Jaguar bordeaux che avevo conosciuto a Roma quando mi ero trasferita. Volevo un figlio da lui, ma invece mi tradì con la mia migliore amica. Per colpa sua con Umberto Orsini, che peraltro faceva pure bene il sesso, ebbi solo un flirt, perché ero ancora innamorata».
Ilona Staller: “Koons? Rapporto devastante”
E arriviamo a Schicchi, suo manager e compagno di vita.
«Siamo stati insieme dal ‘74 all’88, ma non voleva che lo dicessi per non deludere i fan. Mi lasciò sei messaggi alla segreteria telefonica, dandomi il suo numero, ma io non lo richiamai. Poi una sera, mentre portavo a spasso il mio Yorkshire Terrier Bubu, me lo trovai sotto casa. Passeggiammo. Mi portò dal direttore di Playmen, Luciano Oppo, con il quale in seguito ho fatto otto copertine. Da lì è cominciato ad arrivare tanto lavoro, comprai un attico sulla Cassia, quello dove vivo ancora adesso, e lui il superattico, che ho ricomprato io».
È andata al suo funerale?
«Sì, all’Eur. Ero andata anche a salutarlo all’ospedale, assieme alla mia amica Ursula Davis, in arte Hula Hop. Gli chiesi se poteva ridarmi il mio materiale fotografico e lui mi gridò dietro: “Morirai tu prima!”. Al che gli risposi: “Mi dispiace, Riccardo. Questa volta ti sbagli”».
Jeff Koons.
«Appena lo vidi dissi: “Con questo farò un figlio”».
E il figlio è arrivato: Ludwig.
«Il 29 ottobre 1992. È un artista, come il padre. Koons mi ha steso economicamente. Quando l’ho lasciato ero ancora innamorata. Mi ha fatto cose tremende, è stata una relazione disastrosa. Una volta a Monaco di Baviera in pieno inverno, con tanto di neve, mi chiuse fuori nel terrazzino, avevo il pancione. Dovetti gridare a Herbert, il portiere, di chiamare la polizia. È stato crudele. Durante la causa per l’affidamento di Ludwig raccontò al giudice che avevo fatto entrare il bambino in America illegalmente dal Messico per fare un film con Moana».
Ed era vero?
«Sì, ma sono cose che non si dicono al giudice!».
Ludwig quando ha scoperto il suo passato di pornodiva?
«A scuola, dai compagni di classe che gli hanno mostrato dei video. Io tentavo di non raccontarlo. Gli dicevo che ero stata un certo tipo di modella… Del resto mia madre ha scoperto che avevo fatto la pornodiva dopo che mi hanno eletta in Parlamento e i giornali ungheresi mi hanno dedicato pagine su pagine».
Ilona Staller: “Koons mi ha fatto cose tremende”
E come ha reagito, Ludwig?
«Mi ha detto che ne ha guardato solo uno, dove peraltro c’era un’attrice che usava il mio nome, non ero io. Poi basta. È un ragazzo affettuoso, simpatico e bello. Ha i miei occhi. Mi dispiace che suo padre lo faccia soffrire: da poco è stato a Firenze per lavoro e non lo ha nemmeno invitato a raggiungerlo».
Tra tutte le cose che ha fatto, di quale è più orgogliosa?
«Di aver spostato il comune senso del pudore, di aver sdoganato tanti tabù. Il che non è stato indolore: ho ricevuto cinquanta denunce per atti osceni in luogo pubblico. Una volta in una discoteca del Sud Italia crollarono i controsoffitti ai quali si erano appese le persone pur di vedermi. Fui accusata anche per quello, e non ero nemmeno arrivata!».
[…] A proposito, ci racconta il suo zoo personale?
«Ho sempre amato gli animali e ne ho avuti tanti. Un boa constrictor e diversi pitoni: uno si chiamava Pito Pito, l’altro Tinta, in onore di Brass».
Faceva davvero sesso con loro?
«Ma no, erano solo simbolici: alludevano al Paradiso terrestre, a Eva…».
Lei andrà in Paradiso o all’Inferno?
«Probabilmente in Paradiso, perché il sesso non è peccato, è bello, piacevole. Amo la democrazia e la libertà, sono pacifista. Sono come John Lennon, in gonnella».
[…] Infine ha avuto la vita che voleva?
«Qualcosa l’avrei cambiato. Ma va bene così. Quando ci fu la rivolta ungherese avevo cinque anni e i carrarmati me li ricordo. Allora non avevo capito. Poi sì. E non sarò mai comunista».
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