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Spettacolo

Guzzanti: “Satira? Coi social sono tutti comici. Questo lavoro l’ho trovato quasi per caso…”

Guzzanti: “Satira? Coi social sono tutti comici. Questo lavoro l’ho trovato quasi per caso…”. Corrado Guzzanti, la satira è non solo, il comico e attore romano 56enne si racconta ripercorrendo le tappe della sua vita professionale in una intervista a ‘La Stampa’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Oggi il mestiere del comico è più difficile?
«Forse sì. Con i social, la satira è diventata un linguaggio comune, diffusissimo. Anche molti giornalisti hanno un’anima da intrattenitori e vogliono essere divertenti. Probabilmente, il satirico più importante che abbiamo ora è Osho: le sue immagini sono una sintesi efficacissima di questo momento».

Tutto, però, dura poco.
«Pochissimo. Negli ultimi anni, la satira si è quasi limitata a commentare l’attualissimo, rinunciando al quadro più ampio. Ma forse non è colpa di nessuno. Andiamo tutti più veloci, pure l’informazione».

Quando era più giovane, voleva fare il fumettista.
«Ho sempre disegnato e amato i fumetti. Al liceo, però, ho capito che mi divertiva di più scrivere. E, come tutti i giovani, volevo scrivere cose serie e profonde. Proprio in quel momento è cominciata la mia carriera. Mi prendevo in giro, facevo delle parodie di questi testi serissimi. Questo lavoro l’ho trovato quasi per caso. Senza volerlo o cercarlo. Per tutti gli anni di Avanzi, quella dell’attore mi sembrava semplicemente una fase di passaggio. Solo con il tempo ho capito che era un lavoro vero».

Qual è la cosa più importante?
«L’autoironia. Non ci sono scuole o formule segrete da seguire. Il primo oggetto di satira, che abbiamo tutti a casa e a portata di mano, siamo noi stessi».

È ancora difficile, per lei, rivedersi?
«A volte mi rivedo quando la mia compagna mi costringe. Soffro sempre molto. Sono ipercritico. Tutto, mi dico, poteva essere fatto meglio. Se non sono obbligato, ecco, evito volentieri di rivedermi. Ho scoperto che sono più sereno se faccio il mio lavoro e passo oltre».

Guzzanti: “Satira? Coi social sono tutti comici”

Prova più nostalgia o affetto per il passato?
«Tutte e due. Delle cose, lo so, non possono tornare, perché sono ancorate al momento storico in cui vengono immaginate e pensate. Spesso, cercare di rifarle o a rinfrescarle può essere un errore. Detto questo, l’ho fatto anche io diverse volte. In Aniene ho ritirato fuori Lorenzo provando a mostrarlo come padre. Nei ricordi, tutto sembra più dolce e bello. I primi anni, però, non sono stati facili. Mi manca il gruppo. Mi manca quell’atmosfera. Ma va bene così».

Con Lorenzo e Luco ha parlato del rapporto che c’è tra vecchie e nuove generazioni. Le colpe dei padri sono diventate le colpe dei figli?
«Questa è una domanda difficile, da sociologo navigato. Dirò delle cose banali ma, credo, anche vere. Queste generazioni sono nate dopo, o durante, la rivoluzione digitale. Sono cresciute come una comunità. Una cosa positiva, certo. Ma anche negativa».

Perché?
«Sono molto geloso della mia solitudine. E questo sembra un mondo in cui siamo quasi costretti a comunicare. Non esiste, secondo me, la categoria dei giovani. Ce ne sono di tutti i tipi. Alcuni vivono la loro vita pigramente; altri, invece, sono impegnatissimi, sempre in prima linea».

[…] Nella solitudine non c’è il rischio di annoiarsi?
«Io non mi annoio, faccio un sacco di cose. È un esercizio che mi sento di consigliare a tutti. Astrarsi, stare un po’ da soli, leggere, fare attività senza sentirsi costretti a stare con gli altri, in gruppo. La dimensione del privato, per me, è molto preziosa».

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