Benedetta Porcaroli: “Micaela Ramazzotti? Ora siamo amiche, ci scriviamo cose irriferibili”. Benedetta Porcaroli su Micaela Ramazzotti e non solo, l’attrice romana si racconta ripercorrendo alcune tappe della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Che adolescente è stata, prima di diventare attrice?
«In realtà ho cominciato molto presto, a 15 anni. Un’amica di mia madre è agente di cinema. Mi chiese: ti va di fare un provino? Mi ritrovai su Rai1 in Tutto può succedere. Si sono fidati, hanno visto qualcosa in me. Ero piccola, inconsapevole».
Ma sarà andata a scuola.
«Al Mamiani, liceo storico di Roma, poi mi diplomai privatamente. In quegli anni alcuni compagni mi presero di mira. Sono sempre stata filiforme. I ragazzi cercavano sederi e seni in lungo e in largo, le mie amiche avevano le loro forme, mi vennero un po’ di complessi. Su Facebook avevano creato gruppi: Benedetta Porcaroli piatta. Oggi il mio fisico lo vedo come una salvezza».
Per il cognome, chissà cosa le dicevano.
«Era inevitabile. Ma non sono mai stata veramente preoccupata. Mio padre per smussare mi diceva ironico: un cognome così non passa inosservato, si ricorderanno di te. Papà ha diverse lauree e ha fatto tanti lavori, ora insegna, è stato lui a trasmettermi l’amore per il cinema. Alberto Sordi, Anna Magnani; mamma lavora al Quirinale».
Benedetta Porcaroli: “Micaela Ramazzotti? Ora siamo amiche”
[…] È cresciuta a Roma Nord, la stessa zona delle baby squillo dei Parioli. Lei ha detto: se fossi rimasta lì, sarei diventata una stronzetta anch’ io.
«L’ambiente è un po’ classista, la media borghesia dove tutto è apparentemente pacifico, sereno; tutto sembra che funzioni alla perfezione e non è così. È strano perché l’ho raccontato in due film (le giovanissime escort e il Circeo) il vuoto cosmico in un’età delicata e di passaggio, quando basta poco per andare alla deriva. È davvero sliding doors. L’importante, com’ è avvenuto per me, è sapere che dietro ci sono i genitori. Abbiamo raccontato la mancanza di dialogo tra genitori e figli, la tragedia della borghesia assente».
Una di quelle ragazze si è raccontata in un docu-film.
«Aveva 14 anni quando tutto cominciò. Oggi una di loro lavora in un supermercato. Io alcune le conoscevo, ci si vedeva la sera nei locali, ci salutavamo. Non sapevo cosa ci fosse dietro. Erano tranquille, diverse da come appaiono nella serie. Vestivano sportivo, in maniera semplice. Non erano così abbienti. Quando è venuto fuori lo scandalo mi è preso un colpo. No, non le ho cercate quando giravo il film e loro non hanno cercato me. Ho preso le distanze dai ricordi, il mio personaggio me lo sono inventato. Quei due film sono facce della stessa medaglia, dal punto di vista femminile e maschile. Perché dietro il massacro del Circeo c’è il disprezzo».
[…] Micaela Ramazzotti dice che all’inizio vi guardavate con diffidenza.
«È vero. Ora siamo tutte amiche, abbiamo una chat dove ci scriviamo cose irriferibili. Ho detestato la retorica per cui tra donne o ci si fa la guerra o si diventa sorelle. È un modo per autoghettizzarci. Dopo il Me too c’è più consapevolezza, il femminismo di una volta, che abbiamo ereditato, non esiste più, dovrebbe nascere un movimento che vada oltre i cliché».
Ma com’ è crescere troppo in fretta?
«Me lo sono chiesto tante volte. Il mio è un lavoro che ti scombussola. Sul set si vive in una bolla, ti dimentichi anche del Covid. L’importante è non avere la testa soltanto sul cinema. Sono diventata amica di Ornella Vanoni, mi chiama la mia bambina, parliamo d’amore».
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