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Spettacolo

Branduardi: “Covid come peste in Medioevo. Ho avuto tante debolezze. E su ‘La fiera dell’Est’…”

Branduardi: “Covid come peste in Medioevo. Ho avuto tante debolezze. E su ‘La fiera dell’Est’…”. Angelo Branduardi sul Covid e non solo, il cantautore milanese, 71 anni, si racconta in una lunga intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Si sente un menestrello come lo fu Dario Fo?
«Magari… Paragonarmi a Dario è un onore, anche se mi hanno sempre identificato così. D’altronde c’è la poetica frase di un anonimo tedesco dell’anno Mille: “Io sono il trovatore e sempre vado per molti paesi e città. Ora sono arrivato fin qui: lasciate che prima di partire io canti”. È quello che ho fatto per quasi 50 anni».

Ha avuto modo di frequentare Fo?
«L’ho conosciuto a Roma. Un amico mi ospitava gratis nel suo alberghetto e per sdebitarmi facevo il portiere di notte. In varie occasioni Dario è arrivato assieme a Franca Rame. Di Fo ho visto molti spettacoli e ho una raccolta, regalata, di sue stampe».

Il Medioevo e il Rinascimento sono ancora attuali?
«Più che mai. Con la pandemia viviamo una nuova peste. Al Medioevo si dà un’immagine sbagliata: non è stato un periodo buio, ma il primo passo verso l’Umanesimo e il Rinascimento. Speriamo che l’Umanesimo, con l’uomo inserito nella Natura, ritorni al termine di questa peste».

[…] La musica è solo spiritualità?
«No, è pure “carne” ed è l’unica attività che concilia il diavolo e l’acqua santa. Ennio Morricone, con cui ho avuto l’onore di lavorare, diceva: “La musica è l’arte più astratta ed è la più vicina all’assoluto”. Pensava a Dio, ma si può intendere altro».

Branduardi: “Covid come peste in Medioevo”

Chi sono, per Branduardi, i giganti della musica leggera?
«Stimo tutti i coetanei italiani; gli idoli erano però Joan Baez, Bob Dylan, Cat Stevens, Paul Simon. Oggi ascolto Bach, ma anche Bruce Springsteen».

I suoi sono messaggi mistici e non violenti. Ma spesso un po’ rivoluzionari.
«I bambini scoprirono “Alla Fiera dell’Est” mesi dopo la sua uscita. Mentre tutti cantavano di politica, io uscivo con una canzone profondamente religiosa, violentissima, dove tutti ammazzano tutti e dove Dio è uno sterminatore. Questa è una provocazione rivoluzionaria».

[…] A Genova ha cominciato a suonare il violino.
«A 4 anni. Volevo il pianoforte, però non c’erano spazio e soldi. Mio padre, un melomane che non sapeva suonare nulla, mi portò da Augusto Silvestri, mitico insegnante di violino. Costui aprì la scatola e fui fulminato dal colore e dall’odore di cera dello strumento. Nel quartiere diventai popolare: per venirmi a sentire si spostavano perfino le prostitute, causando scandalo».

[…] Come ha trovato la sua strada?
«Per caso: suonavo a Milano, nelle sessioni degli altri. Giravo, pagato 20 mila lire o niente, con una 500 scassata che mi piantava in asso: era piena di strumenti; dentro l’auto dormivo pure, non avevo i soldi per l’albergo».

Una gavetta dura.
«Durata anni: ero a supporto di tutti, anche Pfm, Banco Del Mutuo Soccorso, Le Orme. Dopo Il Rovescio della Medaglia, gruppo hard rock, entravo io con le “Confessioni di un malandrino” e la gente ammutoliva. Ho sempre saputo dominare il palco, ho imparato a gestire le situazioni degli anni 70: ti arrivavano addosso le zolle di terra nei festival pop. E in uno di questi, a Villa Doria Pamphilj, conobbi Battiato».

[…] «Alla Fiera dell’Est» oppure «Cogli la prima mela»: quale brano è il simbolo di Branduardi?
«Alla Fiera dell’Est. Ormai non mi appartiene più. È patrimonio popolare, sarò ricordato perché i bambini di oggi la insegneranno ai figli. Ovviamente nessuno di loro sa chi è Branduardi…».

Branduardi: “Covid? Speriamo che l’uomo si ricongiungi alla Natura”

Avendone cantato la vita, le sarebbe piaciuto essere San Francesco?
«Non oserei mai… Però sì, mi sarebbe piaciuto. Nella perfetta letizia».

Hobby, curiosità e debolezze di Branduardi?
«Di debolezze ne ho avute tante: gli artisti sono un po’ trasgressori. L’unico hobby che ho avuto è la vela: non yacht, ma derive da regata. Ero bravo, conto di ricominciare anche se il lago mi mette un po’ di angoscia».

Da ragazzo che cosa canticchiava?
«Fui colpito dai Beatles e da “She Loves You”. Ma non la cantavo: ero tenuto dentro gli schemi della musica classica, che insegna molto, ma toglie qualcosa. Per esempio, non so improvvisare, né sul violino, né sulla chitarra, né sul pianoforte. E non so perché».

[…] Si orizzonta nel mare di Internet e dei social?
«Comincio a temerlo un po’: ho visto il film di Pif, che è un genio, contro la dittatura dell’algoritmo. Ecco, sono per un utilizzo “umano” e utile della rete e dei suoi derivati».

Il rap e l’heavy metal hanno creato un altro filone, un po’ come ha fatto la dodecafonia rispetto alla musica classica?
«Sì, anche se la dodecafonia, sottolineo, non ha portato a nulla: Schönberg prima di morire disse: “Quanta bella musica ci sarebbe ancora da scrivere in do maggiore». Comunque nel pianeta del rap ci sono motivi molto belli: un altro che considero bravissimo è Eminem».

Branduardi avrebbe potuto avere ancora più spazio al cinema?
«Non mi lamento: ho contribuito a vari film, ho avuto premi, in Momo recita un maestro quale John Huston. Reputo la colonna sonora di “State buoni se potete” una delle mie cose più belle».

Non ha mai voluto andare a Sanremo: perché?
«Semplicemente, non mi ha mai interessato. Rilancio un concetto formulato da De André: l’ugola non è un muscolo».

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