Giuseppe Zeno si racconta: “Potevo diventare un alto grado della Marina. Così passo il mio tempo tra un lavoro e l’altro”. Giuseppe Zeno si racconta, l’attore napoletano ripercorre le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Partiamo dall’inizio, dalla scuola: come si passa dall’Istituto Tecnico Nautico all’Accademia d’arte drammatica?
«Avevo le idee chiare fin da subito, ma per accedere a un corso accademico serviva un diploma di scuola superiore. Nel contesto in cui vivevo, vuoi perché mio padre aveva un peschereccio vuoi perché abitavo in un paese di mare, la scelta non più comoda ma a cui mi sentivo più vicino, era frequentare l’Istituto Nautico. È una scuola che ti dà una grande preparazione in matematica, competenze sulle convenzioni internazionali legate alla navigazione, approfondisci fisica, elettrotecnica, astronomia. Mi ha regalato grandi soddisfazioni».
Preso il diploma…
«Potevo scegliere l’Accademia militare e diventare un alto grado della Marina militare, oppure optare per la vita da marinaio civile come comandante di nave mercantile o da crociera. Ho ex compagni che ora girano il mondo al timone di navi da 130-150 mila tonnellate, veri bisonti del mare».
Giuseppe Zeno si racconta: “Potevo diventare un alto grado della Marina”
Invece lei ha scelto il teatro.
«In Calabria ho frequentato una scuola gemellata con quella di Varsavia e questo mi ha permesso, nel triennio, di trascorrere un mese l’anno nella capitale polacca. Una realtà altamente formativa, il teatro lì viene trasmesso in tv, è un’istituzione».
Una passione che porta nel cuore ancora adesso, ha da poco debuttato in I soliti ignoti, regia di Vinicio Marchioni.
«Finalmente dopo due anni sono tornato sul palco. L’atmosfera, quella vera del teatro, l’ho lasciata a marzo 2020 per ritrovarla a Faenza qualche giorno fa. La sera della prima Vinicio mi ha detto: “Te scappa da recità…” Ci siamo guardati, abbiamo sorriso. Ritrovare il pubblico è stata un’emozione bellissima. Un pubblico che ha partecipato alla pièce, che aveva gran voglia di tornare in sala. Ci ha riempito di calore. E per me è stato come quando ho messo per la prima volta piede sul palcoscenico. Ora, fino al 20 febbraio ci godiamo questa girandola di sentimenti attraversando la penisola: Cagliari, Sassari, Catanzaro, Messina, Verona, Mestre, Milano, Napoli…».
Un lungo giro attraverso l’Italia, ma lei è abituato anche ad altre mete, ha lavorato nei teatri in Sudamerica.
«Ho fatto spettacoli per le comunità italiane all’estero, siamo stati in Uruguay, Brasile, Argentina. È un lavoro questo che ti porta a viaggiare molto, non tutto si può realizzare a Roma. Il teatro mi ha dato soprattutto l’occasione di conoscere meglio l’Italia, piccoli borghi e paesini, di scoprire palchi bellissimi, comprenderne l’entità e il valore. Questo patrimonio deve essere custodito e tramandato alle generazioni future. Solo grazie alle compagnie e agli spettacoli, questi palchi possono sopravvivere. Non bisognerebbe depredarli o trasformarli in altro come ho visto fare».
Giuseppe Zeno si racconta: “Così passo il mio tempo tra un lavoro e l’altro”
[…] è cambiato il vostro lavoro dopo il Covid?
«La prerogativa della nostra professione è l’incontro, il confronto fisico. È difficile che si possa girare un film interamente a distanza, qualche tentativo è stato fatto ma si è trattato solo di sperimentazioni. In un anno e mezzo di lockdown abbiamo girato a intermittenza, ma per chi è in questo mondo è abbastanza normale. Capita spesso a un attore di avere buchi di 5-6 mesi».
Cosa fa di solito nei periodi vuoti?
«Mi dedico agli affetti, alle mie passioni. Anche a non far nulla, coltivo l’ozio e ricarico le batterie. Sto il più possibile a contatto con la natura, guardo serie internazionali. E poi quando sei fermo tra un lavoro e l’altro c’è una cosa fondamentale che devi fare: procacciarti il lavoro successivo. Lo chiamo il periodo della semina».
I suoi hobby?
«Faccio sport, vado in bicicletta, amo il giardinaggio, leggo. Da quando sono padre dedico tantissimo tempo alle bambine. Quando rientro a casa dopo giorni sento che hanno l’esigenza di stare con me, mi cercano. Non puoi dire: “no, papà è stanco” a una bimba di 4 anni. Creeresti un trauma in un’età così delicata».
[…] Anche sua moglie, Margareth Madè fa l’attrice, come ci si organizza in famiglia facendo lavori che vi portano fuori casa anche per più giorni?
«Stando a Roma non abbiamo vicino i nostri familiari. Era bello, una volta, quando si viveva circondati da zii, cugini, fratelli, sorelle… purtroppo i miei sono a Napoli e i parenti di Margareth in Sicilia. Così ci affidiamo a volte a qualche amico, altre a una baby-sitter. Margareth da quando sono nate le bimbe si sta dedicando soprattutto a loro, senza rinunciare ai suoi impegni. È un gioco a incastro, come in tutte le famiglie».
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