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Eleonora Daniele: “La gravidanza ha fatto scattare una molla. Voglio che il mio dolore si trasformi in una risorsa per gli altri”

Eleonora Daniele: “La gravidanza ha fatto scattare una molla. Voglio che il mio dolore si trasformi in una risorsa per gli altri”. Eleonora Daniele, la gravidanza, il fratello autistico e non solo, la conduttrice parla del percorso che l’ha segnata in una intervista a ‘Il Giornale’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Eleonora, perché hai deciso, adesso, a sei anni dalla sua morte, di raccontare chi era tuo fratello?
«È stata la gravidanza a farmi scattare la molla. Mi ha fatto capire come si sentiva la mia, di madre, quando le è nato quel figlio, quando ha dovuto combattere contro i pregiudizi, l’ignoranza, l’inesistenza di diagnosi e cure. Io ero la sorella piccola, gli sono stata accanto da quando sono nata, ma essere la mamma è un’altra cosa».

Scrivere è anche una liberazione
«Voglio che il mio dolore si trasformi in una risorsa per gli altri. A molti una vita come quella di Luigi, che non poteva fare nulla se non esistere, appare come inutile e improduttiva. Invece lui non è stata una zavorra, ma un dono immenso. Non lo dico da buonista o idealista, ma da chi ha vissuto questa esperienza in prima persona. E lo voglio gridare al mondo intero».

La tua notorietà può aiutare altri.
«Infatti. Quando è morto Luigi non avevo più motivi per lottare. Poi ho riflettuto a lungo: tante persone bussano al mio programma per raccontare le loro storie, per denunciare le mancanze della sanità pubblica. Ho conosciuto molti genitori di ragazzi autistici che con il tempo sono diventati amici. Allora ho pensato che se mi è toccata in sorte questa vita, anzi se il Signore ha voluto che nascessi sorella di una persona disabile, ci doveva essere un motivo. E, allora, ho deciso di mettere la mia rabbia al servizio degli altri, di farmi portavoce delle persone in difficoltà e delle loro famiglie, troppo spesso lasciate sole».

Luigi non parlava, non comunicava, era impenetrabile. Tu, sua sorella, sei cresciuta con il dono della parola, talmente comunicativa da diventare conduttrice televisiva.
«Certamente il mio è un dono. Tutto il contrario di quello che era mio fratello. A volte per trovare spiegazioni bisogna affidarsi alla fede o alla filosofia. Il destino è una porta aperta: non sai mai quello che trovi quando la apri. Io mi sono trovata in questa situazione: forse era un karma».

Eleonora Daniele: “La gravidanza ha fatto scattare una molla”

Credi nelle filosofie orientali?
«Le ho approfondite molto. E mi ritrovo in molti insegnamenti. Tutto quello che accade era già stato scritto da noi stessi, dalle nostre anime, nel ciclo continuo tra vita e morte dove le persone si accendono e spengono. Quando si sale al cielo forse si sprigiona un’anima che aveva un destino già scritto e credo che questo sia il mio».

[…] Insomma, questa esperienza ti ha definita come persona, sei così perché sei cresciuta con lui.
«Credo di sì. Ho fatto della mia debolezza il mio punto di forza. Potevo diventare una donna intimidita dalla vita, ma fin da piccola ho imparato a lottare, ogni volta che ho la tentazione di mollare penso a mio fratello e agli sforzi titanici che lui doveva fare per stare al mondo».

[…] Poi te ne sei andata da Padova a Roma, per seguire la tua strada: l’occasione è stata il Grande Fratello e poi lo sbarco in tv fino a diventare uno dei volti di punta della Rai.
«Io non avevo mai pensato di fare tv, già lavoravo, mi consigliarono di fare dei provini, poi c’è stato quel treno e l’ho preso. Comunque, qualsiasi cosa stessi facendo, Luigi era il mio pensiero fisso. Tornavo spesso a trovarlo. Purtroppo, però, non abbiamo più avuto tempo: pensavo di invecchiare con lui, e invece è morto all’improvviso».

Eleonora Daniele: “Voglio che il mio dolore si trasformi in una risorsa per gli altri”

È stato uno shock.
«Alla mattina mi ha chiamato mia sorella. Mi stavo preparando per andare in trasmissione. È stato un dolore atroce. Sono rimasta paralizzata per giorni. Per tornare in video ho dovuto sdoppiarmi. Luigi era ancora un giovane uomo, aveva 45 anni. Dicono che il tempo lenisca il dolore, ma invece il mio è identico ogni giorno. Soprattutto perché è morto senza essere malato».

E non è mai stato accertato il motivo.
«Io credo che, alla fine, sia stato lui a decidere di andarsene. Ma non si è tolto la vita, ha semplicemente smesso di lottare. Per questioni burocratiche, lo avevano trasferito dall’istituto che era diventata la sua casa, in un altro. Per lui era stato un colpo duro, per un autistico le abitudini sono fondamentali. Forse non ha accettato questo».

[…] Racconti di aver visto cose terribili in istituto.
«Ai tempi in cui era ricoverato Luigi c’erano situazioni ottime e altre orribili, dipendeva molto anche dal personale. Lui aveva trovato amicizia e sostegno in un operatore fantastico. Io tante volte ho visto pazienti legati ai letti. Magari solo per necessità. Adesso il sistema di assistenza è totalmente diverso, ma bisogna sempre essere vigili, ci vogliono controllo e trasparenza. Anche la tecnologia può essere di aiuto. E servono dei reparti ad hoc e degli operatori specializzati per le persone autistiche quando vengono ricoverate in ospedale. Perché loro non capiscono dove e perché si trovano lì».

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