Maria Pia Calzone: “Donna Imma è sfuggita di mano a tutti. Gomorra? Ho visto Narcos e ho capito una cosa”. Maria Pia Calzone su Donna Imma, Gomorra e non solo, la straordinaria attrice napoletana, interprete di uno dei personaggi più iconici di Gomorra, si racconta in una intervista a ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
«[…] nella vita sono molto pacifica ma vivo anche di grandi intemperanze. Sono sempre in ascolto, questo sì, soprattutto sul set. Ma succede perché ho molta paura di quello che faccio, penso sempre di poter fare un disastro».
I fatti l’avranno smentita.
«Sì, ma questa tensione è buona, non mi fa dare mai niente per scontato».
Facciamo subito fuori l’altro culto napoletano che la riguarda: Gomorra.
«Sono andata all’anteprima dell’ultima stagione con l’allegria che ho sempre quando ritrovo quel mondo. Sono arrivata a teatro e, tra la musica a palla in sottofondo e loro lì tutti insieme, sono scoppiata a piangere: una cretina! Gomorra è ancora una famiglia, è stato un bene per tanti attori ma anche per la rappresentazione dell’Italia all’estero.
A Los Angeles ho incontrato persone dell’ambiente che non solo l’avevano vista, conoscevano anche le battute! L’altra sera vedevo la terza stagione di Narcos e mi sembrava che le musiche fossero in qualche modo ispirate a quelle di Gomorra: non dico che abbiano copiato, penso ci sia stata un’influenza forse involontaria anche nel linguaggio sonoro».
Maria Pia Calzone: “Donna Imma è sfuggita di mano a tutti”
Nel diventare un’icona popolare dopo tanti anni di carriera c’è lo svantaggio di dover dire: «Guardate che oltre a Gomorra c’è molto altro, e c’era anche prima»?
«Ci sono attori di cui non sai il nome, poi magari vedi la faccia e ti dicono qualcosa. Io facevo parte di quella categoria. Quando mi chiedevano “Cos’hai fatto?”, rispondevo sempre “Adesso che mi hai vista mi riconoscerai”. Il vero cambiamento portato da Gomorra è che non ho più dovuto fare questo discorso.
Nella percezione collettiva, fare l’attore equivale a essere noto, ed è sempre faticoso doversi quasi giustificare del contrario: se non ti riconoscono, è come se non esistessi. Invece quella è la punta dell’iceberg, ma c’è un mondo di attori non famosi che lavorano con passione e con risultati: io ero quel tipo di attrice. Poi Donna Imma è sfuggita di mano a tutti, c’è stata una mitizzazione del personaggio che ha sorpreso anche chi l’aveva creato».
Da lì è arrivata anche la possibilità, per lei, di proporre un tipo di femminilità nuova.
«Il proliferare di prodotti audiovisivi ha sicuramente dato modo ad attori non noti o non giovanissimi come me di trovare una collocazione interessante, ma c’è ancora tanta strada da fare. Quello che gli americani chiamano ageism è un tema importante per la società in generale. È come se nel racconto ci fosse l’azzeramento di una fascia d’età: parlo delle donne tra i 50 e i 60 anni, perché dopo i 70 non ci sono problemi, le attrici che ci arrivano lavorano tantissimo.
Le cinquantenni invece non esistono, il che provoca nelle ragazze più giovani quella sensazione che il tempo sia in scadenza, che devi bruciare tutte le tappe perché poi, quando arrivi ai 50, sei morta. La sera dell’anteprima di Gomorra ho pubblicato una mia foto su Instagram e una mia coetanea ha commentato: “Io la stimo tantissimo, ma perché si è messa questo vestito? Non è adatto a una donna della sua età”. Accetto di non piacere, figuriamoci, ma non capisco cosa c’entri un vestito con l’età. E se dico che sono esattamente quello che mi sento di essere adesso, con questo fisico e queste gambe? Una donna della mia età non può essere sensuale?».
Maria Pia Calzone: “Donna Imma? Adesso tutti mi riconoscono”
[…] Lei da ragazza come si immaginava a cinquant’anni?
«Quando frequentavo il Centro Sperimentale mi dissi: “Se a trent’anni non mi sono creata un corredino in grado di farmi andare avanti nella mia carriera, vuol dire che ho fallito”. Arrivai a 30 e me ne diedi altri cinque. Ho un ricordo di me come di una persona con un’intelligenza molto veloce, molto sofisticata, e con molti meno dubbi: ora ne ho tantissimi, e li coltivo pure. Se ripenso a quella ragazza, penso che era una figa.
Professionalmente, per carattere sono feroce con me stessa. Però, se analizzo in maniera fredda la mia vita, se guardo da dove sono partita e cosa è successo, dico che sono stata fortunata. Prima non mi riconosceva nessuno, l’altro giorno un signore mi ha vista al supermercato e si è messo a piangere (ride, ndr). E, quando è uscita la serie Gomorra, ho ricevuto telefonate di solidarietà da parte di tantissime colleghe della mia età: erano felici che ce l’avessi fatta, era un riscatto, voleva dire che qualcosa può succedere sempre».
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