Vecchioni: “Garibaldi eroe, il mio primo ricordo. Alda Merini folle d’amore, quella volta che prendemmo il taxi insieme…”. Roberto Vecchioni, Garibaldi, Alda Merini e non solo, il cantautore milanese si racconta ripercorrendo alcune tappe della sua carriera in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] il suo primo ricordo pubblico?
«Gli eroi: Garibaldi, e l’Inter».
I suoi genitori sono napoletani.
«Mamma aveva una nonna principessa: si chiamava Lonardi, parente di Eduardo Lonardi, presidente dell’Argentina. Si trasferì a Milano per seguire mio padre, rappresentante di tessuti. Lui milanista, io interista; lui liberale malagodiano, io comunista; ma ci siamo sempre rispettati».
[…] Le prime canzoni?
«A 18 anni. Dedicate ad Aiace, e alla battaglia di Maratona. Immaginai che Filippide fosse un ladro d’armi, che razziando cadaveri sentì un morente sussurrare: vai da mia moglie e dille che abbiamo vinto».
Volava alto…
«Mi esibivo in locali dove pagavano duecento lire, cioè nulla, ma si poteva bere a volontà. C’erano Paolo Poli e Paola Borboni. Più tardi conobbi Alda Merini».
Che ricordo ne ha?
«Era folle d’amore. Una volta prendemmo un taxi insieme. Il tassista la riconobbe, le disse che la figlia stava facendo una tesi su di lei. Alda lo pagò con diecimila lire: “Tenga il resto, per gli studi della sua bambina”. Poi mi chiese: “Roberto, mi presteresti cento lire per il pane?”».
[…] Lei è stato amico dei più grandi cantautori. Franco Battiato com’era?
«Dietro la timidezza si nascondeva un mattacchione. Bravissimo raccontatore di barzellette».
[…] Quanti figli ha?
«Francesca dal primo matrimonio. Carolina, Arrigo ed Edoardo da Daria, mia moglie da quarant’anni».
Roberto Vecchioni: “Garibaldi eroe, il mio primo ricordo”
[…] Che nonno è Vecchioni?
«Una delle parole ricorrenti delle mie canzoni, oltre ad amore e stelle, è gioco. Passo il Natale a organizzare giochi per figli e nipoti. Abbiamo una casa sul lago di Garda, con un giardino che viene illuminato a giorno, le renne, un Babbo Natale alto tre metri. Sono un maestro di Mercante in fiera, invento indovinelli pazzeschi, e poi la caccia al tesoro, la tombola, ma anche gli scacchi, il bridge, i quiz…
Pure le cose pericolose vanno affrontate come un gioco: un esame, una canzone da cantare per la prima volta, una malattia. Ho avuto tre tumori, tre operazioni, a un polmone a un rene alla vescica. Eppure ho compiuto 78 anni e sto benissimo».
Un’altra sua parola chiave è sogno.
«Il sogno non è la negazione della realtà; è una sovrapposizione positiva della realtà. A volte la anticipa».
Fa sogni premonitori?
«Spesso».
Ad esempio?
«Ho sognato più volte di vincere Sanremo».
Nel 2011 è successo davvero.
«Ne ero sicuro. Arrivai, feci le prove, andai a cena: il ristorante era vuoto. Alla fine della prima serata, dopo aver cantato Chiamami ancora amore, fuori dallo stesso ristorante c’erano quattrocento persone. Capii che il sogno era vero».
Una canzone antiberlusconiana.
«Anche. Una canzone politica. C’è Berlusconi, ci sono i licenziati Fiat. C’è l’Italia della grande crisi, che chiedeva un cambiamento. Berlusconi cadde otto mesi dopo».
[…] Lei crede in Dio?
«Sì. E non le dirò la solita menata tipo “ci credo a modo mio”. Ci credo e basta. Da cattolico, sia pure poco praticante».
E come fa a essere sicuro della sua esistenza?
«Perché il mondo è imperfetto. Se fosse perfetto, senza un clinamen, senza deviazioni, allora non ci sarebbe Dio. Invece Dio c’è, perché ci ha permesso, con il libero arbitrio, di affrontare il male e il bene».
Come immagina l’Aldilà?
«In due modi. O come spiritualità pura, beatitudine assoluta, tipo Paradiso dantesco».
Oppure?
«Oppure come la vita che ricomincia da capo».
E lei cosa farà in questa vita nuova?
«Forse non il cantante. Probabilmente l’artista. Di sicuro, amerò moltissimo».
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