Zingaretti: “Io ex calciatore ho preferito il Teatro. Destra italiana legata al fascismo, i No Vax nascono da lì”. Luca Zingaretti da ex calciatore al Teatro, l’attore romano ripercorre le tappe che ha segnato la sua vita privata e professionale in una intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo per ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Luca Zingaretti, qual è il suo primo ricordo?
«Il corridoio della nostra casa alla Magliana. Da lì all’Eur erano tutti prati. Ci avevano assicurato che sarebbero diventati piscine e campi da tennis».
[…] E il primo ricordo pubblico?
«Un grande corteo urlante del Sessantotto in corso Vittorio a Roma, io e mio fratello Nicola per mano a nostro padre Aquilino, che sorride della mia paura. E poi i funerali di piazza Fontana, in tv. Ricordo l’atmosfera di stupore: la gente non capiva quel che era accaduto, la guerra era finita da poco e tornavano le bombe. E ricordo una folla diversa da oggi proprio sul piano antropomorfo: eravamo più piccoli, più scuri, più “terroni”, più italiani».
Lei faceva politica.
«Nel Pdup: partito di unità proletaria. I capi erano Lucio Magri e Luciana Castellina. Si diffondeva il Manifesto, si distribuivano volantini, si teneva testa ai fascisti, che a Roma erano forti. Tutti gli studenti facevano politica».
[…] Lei quattro anni fa disse al «Corriere»: «Speriamo che Nicola non diventi segretario del Pd».
«Avevo ragione. Il Pd è divenuto un partito molto turbolento. Non dico il centralismo democratico; ma un po’ di spirito unitario ci vorrebbe».
Draghi?
«Non mi dispiace per niente, anzi».
Lo vede al Quirinale?
«Sarebbe un ottimo presidente. Ma preferirei che proseguisse lo straordinario lavoro che sta facendo».
Zingaretti: “Io ex calciatore ho preferito il Teatro”
La destra italiana non è mai stata così forte, Salvini e Meloni insieme fanno il 40%. Qualcuno paventa un nuovo fascismo. Esiste questo pericolo?
«La destra italiana è legata indissolubilmente al ventennio fascista. Il che è inaccettabile: perché era una dittatura; e perché non si può affrontare il 2021 con le logiche di un secolo prima, sarebbe come fare il giro del mondo con la topolino amaranto. Ma è un’involuzione che non riguarda solo la destra italiana. Ovunque i social soffiano sul fuoco dell’irrazionalità. Si ragiona sul sentito dire. I No Vax nascono da lì».
[…] Lei non ha paura della morte?
«Io adoro la vita. La mia vera paura è vivere male. È guardarmi indietro e dire: potevo giocarmela meglio».
[…] Come ha vissuto i lockdown?
«Il primo in modo quasi euforico. Al netto del dolore e della paura che ci circondava, ero felice che fossimo tutti insieme: le cene con le figlie, Emma e Bianca; le chiacchiere con mia moglie; il tempo per leggere un libro, riflettere, financo per annoiarsi…».
[…] Lei dovette scegliere tra il calcio e il teatro.
«Il calcio è stata un’altra grande scuola. L’allenamento, la fatica, la tattica, lo scontro, il gol, la gioia: mi piaceva tutto. Mi presero in serie B, al Rimini. Scappai dopo pochi mesi. Mi avevano ammesso all’Accademia d’arte drammatica. E Rimini d’inverno era triste come un lunapark chiuso».
Suo docente di regia televisiva era Andrea Camilleri.
«Non c’era una lira per le telecamere. Così insegnava per tre ore con la sua affabulazione».
[…] Come divenne Montalbano?
«In una piccola libreria comprai un romanzo di Camilleri: era Il cane di terracotta. Scoprii questo personaggio strepitoso. Avrei comprato volentieri i diritti, ma non avevo né i soldi, né il nome. Per fortuna se li procurò un piccolo produttore, Carlo Degli Esposti. Dissi alla mia agente: anche se cercano un attore alto e biondo, voglio quella parte. Scelsero me».
[…] Lei sua moglie, Luisa Ranieri, se la tiene stretta.
«La conquistai sul set di Cefalonia. Le facevo trovare fiori dappertutto. Prenotavo l’intero ristorante, c’erano fiori su ogni tavolo. Cedette per sfinimento».
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