Valeria Solarino: “Pandemia? Sono cambiato su tante cose. Un aspetto mi fa arrabbiare”. Valeria Solarino, l’attrice 41enne moglie del regista Giovanni Veronesi si racconta tra cinema, teatro e tv in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Ci sono diritti che secondo lei sono in pericolo?
“I nostri genitori hanno combattuto per affermarli, ora noi dobbiamo difenderli. Penso al diritto alla cittadinanza per chi vive in Italia, penso al diritto di lasciare il proprio Paese se c’è una guerra, o per sfuggire alla fame, e di venire accolti in un altro. Penso al diritto al pari salario, alla parità di genere. Dobbiamo ancora tutelare le donne dalle discriminazioni e dalle aggressioni, assurdo che resistano nel 2021. E proteggere persone come Vincenzo. Penso ai miei nipoti: si nasce senza pregiudizi, poi quando si cresce qualcosa cambia, per l’influsso della famiglia e della scuola”.
Altri temi che la interessano?
“L’ambiente, sicuramente. Ma ci sono arrivata gradualmente, non ci sono nata. Per i giovani è diverso, per loro è naturale che sia la priorità assoluta. Io l’ho imparato”.
Che cosa la fa arrabbiare?
“La malafede. Quando si calpestano i diritti per puro calcolo, per creare consenso intorno alla rabbia”.
[…] In quest’anno e mezzo così difficile, ha scoperto un lato inedito di se stessa?
“Ho cambiato atteggiamento su tante cose. All’inizio, nella fase più dura, ero assetata di notizie, ascoltavo mille telegiornali, leggevo qualsiasi cosa senza capirci niente. Solo dopo ho imparato a selezionare e ho capito che non mi interessava conoscere il pensiero di tutti, ma solo approfondire alcune fonti. Ho riscoperto il piacere della lettura, il prendermi del tempo per me. Prima era tutto troppo veloce. La lentezza fa bene”.
Valeria Solarino: “Pandemia? Sono cambiato su tante cose”
Ha ripreso anche gli studi universitari di filosofia. Come sta andando?
“Bene, ho dato due esami, me ne mancano tre. Avevo smesso perché avevo iniziato a recitare, vent’anni fa. Quando poi ho deciso di riprendere in mano i libri, ho scoperto che per fortuna mi avevano convalidato quasi tutti gli esami”.
[…] Com’è nato il suo amore per la filosofia?
“Al liceo scientifico, grazie alla mia professoressa”.
E quello per la recitazione?
“L’ho sempre avuto. Mia madre mi portava a teatro fin da piccola. Però pensavo che questo lavoro così meraviglioso fosse troppo lontano dalle mie possibilità. Avevo scarsa autostima, credevo di non essere capace. Un giorno ho letto che facevano i provini per la scuola del Teatro Stabile di Torino e ho avuto uno scatto: ci ho provato e mi hanno presa. Sono partita da zero e in un colpo mi sono trovata a studiare e a lavorare otto ore al giorno. Una fatica e una gioia. In quei tre anni ho capito che non avrei potuto fare altro se non l’attrice di teatro”.
Il teatro è stato il primo amore. E il cinema?
“È arrivato dopo e mi ha assorbita completamente. Per 10 anni ho smesso di fare teatro e quando mi ha chiamato Valter Malosti per La signorina Giulia di Strindberg mi sono chiesta perché l’avessi lasciato”.
Lo spettacolo che ha amato di più?
“Gerico Innocenza Rosa mi piace moltissimo, perché parte come un dramma ma è la storia di una liberazione. Avevo già fatto un monologo con Alessandro Baricco, ognuno recitava il suo. Qua sono davvero sola, ma mi sento protetta da Vincenzo e da tutta la struttura dello spettacolo”.
In tutti questi anni ha avuto sempre al suo fianco il suo compagno, il regista Giovanni Veronesi. Lavorare nello stesso campo aiuta la coppia?
“Sicuramente aiuta, perché si sa di che cosa si parla, si capiscono le dinamiche, quando ci si deve rinchiudere in una stanza con un copione. Ma credo che se stiamo ancora insieme è soprattutto perché tra me e Giovanni non c’è competizione. Ognuno di noi è felice dei successi dell’altro”.
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