Pupetta Maresca si racconta: “Ho ucciso solo per amore. Minaccia a Cutolo? Fui fraintesa”. Pupetta Maresca si racconta, la donna che osò sfidare il potente capo della Nco (nuova camorra organizzata) Raffaele Cutolo, rivela alcuni episodi della sua vita accanto ai boss in una intervista rilasciata al collega Giovanni Terzi per ‘Libero quotidiano’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Che tipo di famiglia eravate, Pupetta?
«Una famiglia agiata, la nostra, e un padre padrone. Anche la mamma, per dire la verità, non scherzava. Era autoritaria. Ma la severità di papà era unica. Se arrivava a casa una persona con la quale lui doveva parlare a quattr’ occhi, bastava un suo sguardo e dovevamo scomparire tutte quante noi donne. Altrimenti, botte».
Cosa faceva tuo padre?
«Avevamo una salumeria molto avviata e, poco distante, la macelleria. Io tutte le mattine, alle sei in punto, prendevo servizio alla macelleria, per poi rientrare a casa per occuparmi delle faccende domestiche: fare i letti, lavare, stirare. Cantavo ad alta voce le canzoncine che andavano di moda e la gente passava davanti al negozio e mi ascoltava sorridendo. Eravamo in piena guerra e anche noi, a Castellammare, dovevamo subire i bombardamenti aerei americani».
Pupetta Maresca si racconta: “Un ragazzo tedesco il mio primo amore”
[…] il tuo primo amore?
«Un ragazzo tedesco, figlio di un esperto contabile che lavorava a Napoli, presso la direzione della flotta dell’armatore Achille Lauro, e che a Napoli aveva trasferito tutta la famiglia: la moglie e i quattro figli: Laura, Anna e Mattia. Del quarto non ricordo il nome. Ma il mio primo ragazzo fu Mattia, che si era innamorato di me. Suo padre, durante l’occupazione, collaborava con i nazisti e faceva loro da guida quando si recavano ad arrestare i militari italiani che si erano nascosti con l’intenzione di resistere all’occupazione».
E tu?
«Quando venni a saperlo, lo rinfacciai a Mattia, gli diedi del traditore. Non volli più saperne di lui. Poi ebbi un flirt con un ragazzo di circa diciott’ anni, Bruno. Famiglia benestante, proprietaria di un importante caseificio. A Bruno piacevano le canzoni, come a me, e le cantavamo assieme. Ma lui era un po’ violento. Troppo, per me. Una sera picchiò a sangue una ragazza che ci aveva molestato. Lo lasciai. Mi accadrà poi di incontrarlo casualmente alcune volte, a Napoli, in compagnia della moglie e della loro figlia. E finalmente conobbi Pasquale Simonetti…».
Pascalone O’ Nola.
«Pochi giorni dopo esserci conosciuti mi disse che ero bella, che gli piacevo, che mi voleva sposare. Non potei resistere più di sei mesi. E ci sposammo. Per poco tempo riuscimmo ad essere felici assieme. Perché e affiliato alla parte degli stabiesi, oltre che alleato con Escobar nel traffico internazionale di armi. me lo ammazzarono».
Pupetta Maresca si racconta: “Pascalone o’ Nola ucciso per il prezzo delle patate”
Come accadde?
«La macchina, a volte la guidava l’autista, a volte Pascalone, e ricordo come fosse ieri la mattina in cui un’automobile prese a inseguirci. Pascalone era al volante e appena se ne rese conto frenò bloccando l’inseguitore, scese, aprì la sua portiera e lo tirò fuori come se fosse una borsa. Io ebbi paura e lo supplicai di lasciarlo andare. Così lo lasciò andare. Era il primo segnale del conflitto che stava aprendosi tra Pascalone e Antonio Esposito, “Totonno ‘e Pomigliano”, per il controllo del mercato ortofrutticolo.
Il conflitto riguardava il prezzo delle patate. Esposito voleva abbassare i prezzi. Pascalone era di parere opposto: li voleva più alti. Due punti di vista, e due personalità, inconciliabili. Finchè si giunse a quel terribile 16 luglio 1955, esattamente ottanta giorni dopo il nostro sì matrimoniale».
Lei era già incinta?
«Sì. Ottanta giorni erano trascorsi tra le nostre nozze e l’assassinio di Pascalone. E ottanta esatti ne trascorsero tra la morte del mio amato marito e la mia vendetta, anzi giustizia, che si concretizzò con l’uccisione, a colpi di pistola, di colui che aveva ordinato di uccidere Pascalone.
Non capivo niente. Ero una ragazza che voleva andare a ballare, che voleva essere felice. Sul corpo di Esposito furono trovati altri colpi di pistola oltre a quelli che avevo sparato io. Chi furono quelli che gli spararono? Non è stato mai provato che fu proprio la mia pistola ad ucciderlo».
Perché uccise?
«Io avevo ucciso per amore, cioè per vendicare il mio uomo, e per non essere ammazzata, non soltanto io, ma anche il bambino che portavo in grembo. Cioè, avevo sparato per legittima difesa».
Pupetta Maresca si racconta: “Ho ucciso solo per amore”
[…] Uscita dal carcere si fidanzò con Ammaturo, uno dei boss della camorra. Come andò?
«Umberto lo avevo conosciuto a casa di una mia amica, poco tempo dopo essere tornata in libertà. Mi sentivo sola. Avvertivo di essere incompresa anche da parte dei miei genitori. Una sera venne a prendermi e mi portò a cena a Pompei. Poi, correttissimo, mi riportò a casa. Mi corteggiava, mi telefonava con insistenza. Ci sposammo e dal nostro amore nacquero due figli».
[…] E la sua conferenza stampa contro Cutolo al circolo della stampa di Napoli?
«C’era in palio la mia vita. Se avessi taciuto, sarei morta nel silenzio e nell’indifferenza generale. Desidero però chiarire che, in quell’occasione, non dissi, rivolta a Cutolo: “Io ti ammazzo!”, ma dissi: “Se tocchi i mei fratellini io faccio la stessa cosa a te”. La mattina dopo, il telefono di casa mia prese a squillare. Alzavo la cornetta ed erano continue minacce di morte: “Devi morire!”, “Maledetta!”.
Incominciai a rispondere per le rime: “Io alle nove, ogni mattina, vado ad aprire il mio negozio di abbigliamento. Ti aspetto là. O muoio io, o muori tu”. Non venne mai nessuno. E tuttavia trascorsi giorni di tensione, di paura, soprattutto pensando alla tutela dei miei due figli gemelli, allora dodicenni, che frequentavano le medie e ogni mattina dovevano recarsi na scuola».
I giornalisti, la stampa, l’avevano idealizzata, era diventata una “tagliatrice di teste”: nacque il mito di Pupetta. Oggi Pupetta cosa desidererebbe?
«Che i miei ragazzi siano felici. E sapere la verità su chi uccise mio figlio Pascalino».
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