La fame allevia il dolore: scoperta la relazione che apre la strada a terapie contro l’obesità. Il dolore è un meccanismo di difesa che ci aiuta ad evitare rischi e pericoli e in sostanza, a sopravvivere. Ma di fronte all’istinto primario della fame, il dolore si attenua. è la scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Università della Pennsylvania, premiata oggi e pubblicata sul numero di novembre di Science.
“La fame cambia la nostra percezione del mondo”, ha dichiarato ad AGI la neuroscienziata Amber Alhadeff, a capo della ricerca e vincitrice dell’Eppendorf & Science Prize for Neurobiology 2021. Per determinarlo, gli esperti hanno esaminato l’interazione tra fame e dolore, due sensazioni che abbiamo potenzialmente allo stesso tempo.
“Abbiamo scoperto che la fame attraverso l’attivazione di una piccola popolazione di neuroni ipotalamici nel cervello, sopprime fortemente il dolore. Abbiamo anche determinato che questo circuito rilascia un peptide, il Neuropeptide Y nel romboencefalo, esercitando questi effetti antinocicettivi. Questi neuroni consentono agli individui, anche di fronte al dolore, di andare a trovare il cibo di cui hanno bisogno per sopravvivere”, commenta l’esperta ai microfoni di Agi.
Questa ricerca fornisce interessanti sviluppi sulla comprensione della funzione e della regolazione fisiologica dei neuroni della fame nel cervello e approfondisce in che modo la fame cambia la nostra percezione del mondo che ci circonda e come comunicano i segnali dall’intestino con i centri della fame nel cervello.
La fame allevia il dolore: “Implicazioni per lo sviluppo di terapie legate all’obesità”
“Eravamo anche interessati ai segnali che disattivano l’attività nei neuroni della fame in questo lavoro, abbiamo scoperto che i nutrienti nell’intestino sono i principali regolatori dei neuroni ipotalamici della fame. Abbiamo anche scoperto che diversi nutrienti, ad esempio grassi e zuccheri, coinvolgono diversi percorsi neurali del cervello intestinale per spegnere i neuroni della fame nel cervello.
Quindi, nel complesso, questi esperimenti caratterizzano davvero il modo in cui il rilevamento dei nutrienti nell’intestino coinvolge i percorsi neurali che comunicano con il cervello e, in definitiva, con i neuroni della fame, spegnendoli quando mangiamo cibo”.
Per la neuroscienziata questo lavoro, “può avere implicazioni per lo sviluppo di terapie, in particolare legate all’obesità e potenzialmente ad altri disturbi alimentari. La nostra scoperta di percorsi paralleli per l’inibizione dei neuroni della fame può essere sfruttata come bersagli per migliori terapie per la perdita di peso.
A nessuno piace essere affamato e in effetti, credo che questo sia uno dei motivi principali per cui la dieta per dimagrire è generalmente così difficile. I nostri dati forniscono una migliore comprensione di come inibire i neuroni della fame nel cervello, magari attivando questi percorsi nell’intestino, così da progettare strategie di perdita di peso piu’ efficaci”, conclude la neuroscienziata dell’Università della Pennsylvania.
Leggi anche:
Scoperta la dieta che allunga la vita: migliora anche la resilienza del sistema Terra
Aggiungi Commento