Ilenia Pastorelli: “Attrice per una rotatoria. Cinema ambiente conformista e ipocrita”. L’attrice romana si racconta ripercorrendo le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a “Il Corriere della Sera”. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] Lei da ragazza si è arrangiata con lavoretti sottopagati?
«Sono chiamati lavoretti ma per me erano lavori di passaggio, ci sono persone che ci campano famiglie, non c’è niente di male. È lo sfruttamento che non va, so cosa vuol dire. Quando facevo l’agente immobiliare me ne andavo in giro tutto il giorno per acquisire vendite e fare ricerche: non venivo pagata fino all’atto della vendita, il che è assurdo. Poi ho fatto tante altre cose, dalla rappresentante di vestiti alla cameriera, lì però almeno mi divertivo, preparavo gli aperitivi, c’era la musica».
Lei è cresciuta vicino a Tor Bella Monaca, c’è tutta una mitologia su quel quartiere.
«Sono cresciuta lì vicino, a Torre Angela, fino a dieci anni, poi siamo andati alla Magliana, altra zonetta che te la raccomando, ora è fricchettona, è migliorata. Tor Bella Monaca è un quartiere costruito trent’ anni fa, era tutto nuovo quando ero bambina. Le case costavano poco, al centro se tutto andava bene arrivavi in tre quarti d’ora. È una realtà molto semplice, c’era libertà, non mi imbarazza esserci nata».
[…] Si può dire che lei fa questo mestiere per una rotatoria?
«Avevo il provino per il Grande fratello, all’epoca lavoravo in uno showroom, avevo fatto tardi, c’era traffico e a un certo punto pensai di rinunciare, è stato grazie a una rotatoria che ho trovato una strada libera e mi sono presentata».
Ilenia Pastorelli: “Attrice? Non mi avevano visto è già mi criticavano”
Che esperienza è stata il Grande fratello?
«Ognuno dei partecipanti, quando esce, la racconta a modo proprio. In realtà non ho molti ricordi. Non ho più visto gli altri concorrenti. Rinchiusa per cinque mesi, senza cellulare, senza niente. È stata tosta. Ho capito quello che volevo e quello che non volevo. La clausura del lockdown lo scorso anno non l’ho patita grazie a quell’esperienza».
Poi è arrivato il cinema. L’hanno vista come un’intrusa?
«Sì, mi sono sentita giudicata prima di cominciare, le critiche maggiori le ho avute quando ancora non erano iniziate le riprese di Lo chiamavano Jeeg Robot. Ho creduto in me stessa quando non sapevo se ero brava ma avevo dato la mia essenza. Senza neanche avermi vista davano per scontato che non potessi essere in grado solo perché avevo fatto il Grande fratello, non davano una possibilità. Poi però il brutto anatroccolo è stato accolto dal cigno bianco. Quello è un film indipendente, se non fosse andato bene, anzi se non fosse diventato un caso non lo so dove sarei in questo momento».
[…] L’ambiente del cinema è conformista.
«Conformista e ipocrita, ma come tanti ambienti di lavoro. Se gli attori si prendono troppo sul serio? Spesso nasce da un disagio interiore. Se fai un lavoro pubblico dove sei così esposto, vieni giudicato. Sono le regole del gioco. Tirarsela a cosa porta? Però devo aggiungere che io sono stata fortunata, mi sono sempre trovata con persone splendide che non si danno arie, da Gabriele Mainetti a Marco Giallini, Alessandro Gassman. E Carlo Verdone. Ha costruito Benedetta follia su di me, mi diceva di essere spontanea. Consigli? Lui è la personificazione dei consigli. Prima delle riprese mi diceva: oh, mi raccomando, ti voglio supersonica. C’è stata una scena molto faticosa».
[…] Ma come finisce un’attrice sconosciuta ad avere il ruolo da protagonista femminile con Verdone?
«Sono stata reclutata dal produttore, Aurelio De Laurentiis. Mi chiama e mi dice di precipitarmi in dieci minuti nel suo ufficio in pieno centro di Roma. Ero dall’altra parte della città, al supermercato di Prima Porta. Butto in aria il petto di pollo, pago 50 euro di taxi e pensando che mi offrisse il film di Natale vedo Verdone sulla porta che mi dice: vuoi essere la mia nuova protagonista?».
Ilenia Pastorelli: “Attrice per una rotatoria”
L’hanno accostata ad Anna Magnani.
«È stato Carlo a dirlo. Spero di valere una sua unghia, ma forse nemmeno quella. Pensi che io non mi rivedo mai, né in foto né in video. È difficile rivedersi sullo schermo grande, noti cose che altri non notano però tu sai che ci sono, è uno specchio. Io per esempio odio i miei capelli, sono ingestibili. Sto leggendo un libro di Frederick Dodson sulla dimensione del sé che mi sta aiutando sul lavoro».
[…] Che tipo di ragazza è stata?
«Una ribelle con giudizio. Amavo moto e macchine da corsa. Non sono mai caduta nella tentazione della droga ma ero inquieta, volevo scappare da qualcosa che non sapevo bene nemmeno io che cosa fosse. Non ero facile, sono fobica, ipocondriaca, ho paura di quello che non conosco».
È vero che le piacciono uomini divertenti e «sfigati»?
«Ma non nel senso brutto del termine, mi attrae chi è chiuso, chi non è fanatico e un po’ nerd, chi non dà importanza a come si veste, chi non è egoriferito, chi non va dall’estetista a togliersi le sopracciglia, che tra l’altro fa un dolore cane».
Non teme che al cinema le daranno sempre il ruolo della romana coatta?
«No, nel film di Pif non lo sono e nemmeno in quello di Dario Argento, Occhiali neri , dove interpreto una non vedente che diventa amica di un bambino cinese dopo un incidente d’auto in cui il piccolo perde i genitori. I due sono inseguiti da un killer. È stata un’esperienza mistica, Dario va oltre la normale comprensione, un uomo di 80 anni che torna ad essere un bambino di 6. Ti racconta una storia che fa paurissima come se fosse una favola, ti parla di scene terrificanti con quella sua innocenza…».
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