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Spettacolo

Diane Lane: “Interdipendenza per battere la benzina. Un giorno spartiremo acqua, pane e burro…”

Diane Lane: “Interdipendenza per battere la benzina. Un giorno spartiremo acqua, pane e burro…”. L’attrice statunitense protagonista della serie Y: L’ultimo uomo, parla a tutto tondo in una intervista rilasciata ai microfoni di ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

“Se vogliamo sopravvivere non possiamo più isolarci, me lo diceva di recente Jane Fonda. Dobbiamo diventare amici dei nostri vicini, perché un giorno spartiremo acqua, pane e burro, baratteremo la benzina con le lampadine, saremo interdipendenti. Dovremo cioè sostenerci a vicenda”.

Nella serie Y: L’ultimo uomo, così come nel suo ultimo film Uno di noi, è una donna volitiva che non ha paura di esprimere la propria opinione e di esporsi. Difficile intimidirla o metterla in difficoltà. Si può dire la stessa cosa di Diane Lane oggi?
“In passato ci sono stati momenti in cui mi sono sentita in grado di sfidare chiunque; a volte mi pareva di essere addirittura un’idiota: potevo fare qualsiasi cosa mi chiedessero, dovevano solo trovare il modo giusto di provocarmi. Questo non vuol dire forse essere giovani?

Per tornare a Uno di noi, è strano ma non avevo mai interpretato una come Margaret: ha una forza e un rigore conquistati nel tempo che, come attore, non puoi neanche provare a fingere di avere. Oddio, forse puoi anche provarci, ma è certo più agevole entrare in una parte simile quando non sei più troppo giovane”.

Come reagisce quando viene provocata e intimidita verbalmente?
“Dipende dalla giornata, dal livello di caffeina che ho in corpo, e dall’aver più o meno preso la vitamina B: tutto può essere ridotto a una reazione chimica (sorride). Io, però, tendo al pacifismo, cerco la via della conciliazione. Sì, credo valga sempre la pena di lottare per trovare una soluzione civile, gentile”.

Diane Lane: “Interdipendenza per battere la benzina”

Y: L’ultimo uomo descrive un mondo popolato e governato solo da donne. Ne è nato un polemico dibattito tra chi lo considera un testo femminista, un’analisi politica e culturale dell’identità sessuale, e chi invece lo accusa di falso femminismo, anzi di sessismo. Come la vede?
“Il soggetto può essere controverso; viene dal testo scritto da Brian K. Vaughan, un uomo bianco e cisgenere che – dopo gli eventi dell’11 settembre – ha immaginato come avrebbero reagito le donne se fossero state loro al potere.

Brian era di sicuro spinto da un forte impulso a esplorare quel mondo con humour, e il film è anche una sorta di critica sociale. Ora il dibattito sul femminismo rischia di ridursi a una questione semantica, dove la terminologia è una fune su cui stare in equilibrio precario”.

Una donna non può, per definizione, che essere femminista in un mondo maschile, non crede?
“E lei crede che un uomo potrebbe cadere nella trappola di definire cos’è il femminismo? Sono in molti a vedere una donna intrappolare solo se stessa. Per me l’emancipazione femminile non è necessariamente una questione di genere, eppure nel nostro mondo lo diventa automaticamente. D’altro canto secondo tanti le donne sono pure in grado di governare meglio degli uomini, e di prendere decisioni più assennate. Ecco, per me sarebbe interessante esplorare queste dinamiche e capire se nascono dal fatto che abbiamo cominciato a schiodare un sistema oppressivo: è un mondo complicato che vorrei analizzare e studiare”.

Come ha vissuto questa esperienza, immersa in un universo post apocalittico?
“Ricordo che quando ero bambina sognavo di diventare una creatura a quattro zampe: non volevo essere una persona, soggetta al peso del giudizio del mondo esterno e del continuo confronto con gli altri. Mi parevano senz’altro più allettanti le lotte primordiali per la continuazione della specie. Ora questo non lo desidero più (sorride), sono grata di possedere una coscienza, la ragione e l ‘abilità di dibattere le questioni del nostro mondo, e di osservare come queste determinino la mia vita”.

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