Sonia Bergamasco: “La solitudine è un valore essenziale. Cullo il pensiero della morte fin da quando ero bambina”. Sonia Bergamasco è nata a cresciuta a Milano ma di madre napoletana. Un aspetto, quest’ultimo, che la rende affabile, spiritosa e attenta agli altri. Lo si evince dell’intervista rilasciata a ‘Io Donna’ della quale ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Le è mai capitato di rispondere a un “Non si può fare” con un “Proprio per questo voglio farlo”?
“Non ho mai accettato che una cosa non si potesse fare, anche se continuo a combattere con spinte contrastanti: da una parte il desiderio assoluto di spingermi oltre, dall’altro la paura di non farcela, di non essere all’altezza. Ma penso che queste spinte contrastanti siano utili per procedere senza fermarsi”.
[…] Nella sua vita ricorda momenti di fatica?
“Tanti, e continuano ad esserci (ride)! Ma credo che la fatica sia un sentimento vitale, quando non è quella cieca del somaro. Se è una fatica che ho scelto allora ci sto, fino in fondo, perché sento che le mie forze sono ben spese e si trasformeranno in qualcos’altro. Non penso però che sia sempre necessaria una fatica estrema: ogni prova ha le sue regole, e in certi casi serve davvero fare poco”.
L’antropologa Margaret Mead invece ripercorre i suoi momenti di solitudine nel corso del viaggio.
“La solitudine scelta è un valore essenziale per la crescita di ciascun essere umano. Siamo animali sociali ed è importante intrecciare relazioni civili e profonde, ma è altrettanto importante saper stare da soli, e cogliere nella solitudine un ascolto più profondo di noi stessi, anche in rapporto con la natura: perché l’altro grande tema di questi scritti è il racconto della cultura che si inserisce in una natura diversa e potente”.
Sonia Bergamasco: “La solitudine è un valore essenziale per la crescita umana’
[…] Contro quali regole sbagliate dobbiamo batterci oggi?
“Seguo con apprensione quello che sta succedendo in Afghanistan e vedo il coraggio delle donne che osano manifestare in un Paese ormai governato dai talebani. Lo ammiro, e credo che debba essere appoggiato da tutti noi affinché non si sprofondi di nuovo in una voragine”.
Che bambina e che adolescente è stata?
“Silenziosa, ma riguardando le foto di me da piccola ne ho trovate molte più sorridenti di come immaginavo. L’adolescenza invece è stato un periodo orrendo. Le mie figlie, Maria di 15 anni e Valeria di 17, hanno tutti i sacrosanti sturm und drang dell’età, ma anche delle certezze. Io ero fragile e testarda, le due cose insieme si sostenevano a vicenda, loro invece mi sembrano molto centrate, e questo è un gran conforto”.
Come vede le ragazze di oggi?
“Molto consapevoli di avere gli stessi diritti dei ragazzi: per loro è un dato di fatto, e soffrono quando viene messo in dubbio, ma sono in grado di reagire. Sento che le battaglie fatte in passato continuano a essere fondamentali per le giovanissime, che oggi si armano di una lingua diversa. La mia vita di ragazza non aveva le parole e i mezzi di difesa e di reazione che oggi loro posseggono: ed è una grande conquista”.
Che cosa le ha dato la maternità?
“La possibilità di rigenerarmi. Il farsi cavo di chi aspetta ha anche qualcosa a che vedere col mio mestiere, che dovrebbe essere quello di creare il vuoto necessario per accogliere. Inoltre l’avere figli ti mette in relazione con le cose che finiscono: cullo il pensiero della morte fin da quando ero bambina, ma non è un pensiero negativo anzi, è molto vitale. Da qualche anno, prima di entrare in scena a teatro, mi dico: «Goditi ogni istante di quello che vivrai con il pubblico, perché potrebbe essere l’ultima volta». È un dato di realtà che mi rende più libera”.
Sonia Bergamasco: “La solitudine scelta è un valore essenziale”
Che cosa l’ha fatta innamorare di suo marito (l’attore e regista Fabrizio Gifuni, con cui è sposata da oltre 20 anni)?
“Mi ha sempre fatto molto ridere, e credo che il saper ridere di tutto, anche di noi stessi, sia uno dei valori essenziali del nostro rapporto. È una persona bellissima, stiamo crescendo insieme da tanti anni in una sfida quotidiana, anche contro la società: è molto più facile lasciarsi che rimanere insieme”.
Che cosa aiuta?
“Avere cura l’uno dell’altro. Nel Candide di Voltaire c’è una frase che ho sempre amato: «Ricordati di curare il tuo giardino». Ogni tanto crescono le erbacce, ma si possono strappare, e tornare ad innaffiare e seminare”.
[…] Quest’anno ha ripreso il personaggio di Luce in Ritorno a Coccia di morto, il seguito di Come un gatto in tangenziale.
“Mi sono divertita perché c’era uno sviluppo non prevedibile nel suo racconto, e la possibilità di intrecciare un’amicizia con Monica, la protagonista interpretata da Paola Cortellesi: il loro rapporto mi pare buffo e riuscito. Spero che il film sia visto da più persone possibili, il regista Riccardo Milani, Paola e la produzione non hanno voluto cederlo subito alle piattaforme proprio perché sperano che la gente torni in sala”.
È stata anche Livia nella serie de Il commissario Montalbano, e molti sono rimasti male perché Montalbano ha chiuso con lei per telefono.
“Sì, non ci si capacita che una figura maschile raccontata con quella profondità venga poi abbandonata a un gesto così vile e superficiale. Ma è un gesto umanissimo, forse Camilleri voleva togliere dal piedistallo il suo eroe, e c’è riuscito perfettamente! (ride). Peraltro è riuscito anche nel miracolo di rendere Livia simpatica, dopo essere stata odiata per anni anche soltanto per essere la compagna di Montalbano”.
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