Giorgio Armani: “Aquilotto? Nato per caso mentre ero al telefono. Voglio lanciare un messaggio au giovani”. Il noto stilista si racconta ripercorrendo le fasi che hanno segnato la svolta per il marchio in una intervista a ‘Libero quotidiano’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Com’ è nato Emporio Armani? C’era bisogno di un marchio diretto ai giovani alla ricerca di uno stile?
«Era il momento di riconoscere che i giovani potevano essere parte del nascente culto della griffe, e che erano un nuovo pubblico cui rivolgersi. In quegli anni c’era fermento, spensieratezza, voglia di fare. I giovani guadagnavano la scena e una loro indipendenza, ma per l’abbigliamento l’offerta era scarsa. Il vuoto di mercato era evidente, e ho pensato di inserirmi. La risposta è stata immediata, travolgente e l’aquilotto divenne ben presto un simbolo in cui riconoscersi».
Un brand con cui permettersi qualche sperimentazione in più rispetto alla linea Giorgio Armani…
«Proprio così, l’ho immaginato come una linea con cui sperimentare, catturando le nuove tendenze e proponendo una moda democratica. Oggi rappresenta la declinazione trasversale e dinamica del mio concetto di stile e non ha perso lo spirito iniziale di individualità e aggregazione, di ricerca e libertà. Emporio è un marchio fortemente ancorato alla contemporaneità, che riflette l’energia e la vitalità delle metropoli, cogliendone il ritmo e proponendo un’esperienza fatta di abiti, accessori e idee».
Allora le critiche furono tante. Come rispondeva?
«Rispondevo come sempre: andando avanti per la mia strada. Mi fu detto che Emporio era una mossa azzardata, e che la democrazia del marchio si sarebbe sovrapposto al resto. Io non mi sono curato delle critiche: la diversificazione si è rivelata un piano di business opportuno perché più in sintonia con la frammentazione culturale e sociale che iniziava ad affermarsi proprio in quegli anni».
Armani ha rivoluzionato la moda e il costume nel mondo, sempre anticipando i tempi. Qual è il suo segreto?
«Molto semplice: osservo la realtà che mi sta intorno, anche attraverso gli occhi delle persone che mi sono vicine, per coglierne i più piccoli cambiamenti. Solo così si parla davvero al pubblico, e ci si evolve».
Giorgio Armani: “Aquilotto? Nato per caso mentre ero al telefono”
[…] Torniamo al suo aquilotto…
«Si tratta di un simbolo semplice, che ho disegnato per caso una sera mentre ero al telefono. Si ricorda e per questo mi piace l’aquila come sinonimo di libertà, di vedute ampie, di forza, di coraggio».
Quell’aquila che «vola alto e vede lontano», come ha ribadito spesso, oggi riesce ancora a orientarsi? Oppure ha dovuto cambiare rotta per perdersi in questo mondo così lontano dagli anni Ottanta e così cambiato negli ultimi tempi?
«Bisogna evolversi, e certo non ho paura di farlo. E l’aquila ha una vista acuta. Il pubblico di Emporio, oggi, è più ampio e trasversale, in accordo con i tempi che sono cambiati. Il marchio è diventato un brand contenitore, nel quale ciascuno può trovare qualcosa».
Il Covid, la pandemia, le restrizioni hanno cambiato anche il nostro approccio alla moda. Ha già annusato un nuovo modo di vestire? Che probabilmente sarà presentato nella prossima sfilata Emporio. Qualche anticipazione?
«C’è voglia di libertà, di comfort, di sicurezza. Ma c’è anche voglia di esuberanza, di tornare a vestire per divertirsi. Sono spinte opposte che trovo stimolanti».
[…] Che messaggio vuole far arrivare ai giovani che non hanno vissuto gli anni Ottanta e neanche i Novanta?
«Che vivere il momento è importante: esserci, essere presenti. Non a caso la mostra, come il numero speciale del Magazine, si intitola “The Way We Are” (il modo in cui siamo) ed è uno spaccato del momento».
[…] Che futuro vede per la moda?
«Abbiamo imparato che possiamo comunicare la moda in modo diverso. Quindi, per il futuro vedo sfilate reali insieme a un intrattenimento digitale per il pubblico che non partecipa agli show. E spero che siano più intime, come quelle di una volta».
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