Dolce e Gabbana si raccontano: “Noi nati e finiti in una notte, poi quel regalo di mio padre…”. La storia due che hanno rivoluzionato il costume e la cultura italiana negli ultimi 30 anni in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
L’infanzia di Stefano Gabbana?
SG: «Milano, zona Fiera, mamma portinaia, papà operaio. Trascorrevo il tempo chiuso in portineria. All’occorrenza aiutavo mamma a lavare le scale, passavo l’aspirapolvere».
Giocattoli?
SG: «Avevo Big Jim, ma ambivo a Barbie, il problema era che i miei non me la compravano. È da femmina, dicevano. A nove anni, coi soldi delle paghette, vado al negozio di giocattoli e compro Barbie, anzi Skipper, perché non c’era Barbie beachwear, quella in costume che era quella che volevo io».
Reazione dei suoi?
SG: «Nessun rimprovero, nessun giudizio».
L’infanzia di Domenico Dolce?
DD: «Polizzi Generosa, provincia di Palermo. Papà sarto, mamma negoziante, gestiva un emporio. Entrambi anziani rispetto agli altri genitori: nel ’56 mamma aveva trent’anni, papà quaranta».
Dolce e Gabbana si raccontano: “Così è iniziato tutto”
Giocattoli?
DD: «Io non so giocare, non so andare in bicicletta, non so nuotare».
Come passava le giornate?
DD: «Già da piccolissimo in sartoria, inizio a copiare gli abiti dei grandi, realizzo vestiti in miniatura, e dal falegname prendo i legnetti per creare mini stampelle. A sei anni cucio un paio di pantaloni per me».
Intanto Stefano Gabbana a Milano…
SG: «Tra il marciapiede di via Previati e l’oratorio. Giocavo a mondo, nascondino. Andavo sui pattini. Tutte cose che ho ripetuto anche da adulto. In vacanza spesso gioco a nascondino».
DD: «Non con me, io so solo lavorare».
Prima vacanza?
DD: «A 35 anni, Cefalù»
SG: «Andavamo al mare in cinque in una 500 decappottabile con tanto di borsa frigo e ombrellone che spuntava dal tettuccio».
Torniamo all’infanzia: desideri?
DD: «I pomeriggi d’estate, fazzoletto bianco sul gradino dell’emporio per non sporcare i pantaloni, stavo lì a immaginare le cose che non avevo mai visto. E a quel tempo non avevo visto praticamente niente».
Fantasie?
DD: «Aerei, città lontane, New York perché un lavorante di mio padre era andato a lavorare laggiù e quando andavamo a prenderlo in aeroporto, a Punta Raisi, lui ci raccontava dei grattacieli, delle strade».
Dolce e Gabbana si raccontano
[…] Dei sogni sul gradino dell’emporio, quanti realizzati?
DD: «Tra i tanti, prendere l’aereo, e dormire in un albergo a cinque stelle».
Nello specifico?
DD: «Il frigobar in camera, e chi l’aveva mai visto».
SG: «Io invece sognavo il Sud, e a diciotto anni trovo lavoro come animatore in una discoteca a Taormina, il Bella Blu».
Mansione?
SG: «Servire ai tavoli, ballare, un po’ di tutto. Si andava a letto alle sei di mattina».
Ricordi particolari?
SG: «Ho incontrato personaggi famosi come Donatella Rettore, Miguel Bosè. Lui bellissimo, mio idolo».
Dolce e Gabbana si raccontano: “Nei locali notturni si iniziava a parlare di omosessualità”
[…] Quanto incide nel vostro immaginario l’estetica della vita notturna di quegli anni (fine 70, inizio 80)?
DD: «Era nei locali notturni che si iniziava a parlare di omosessualità, e si cercava di farla diventare qualcosa di normale, quando fuori era un problema».
SG: «Si sperimentava la libertà assoluta per trovare la via nuova».
DD: «Passando anche per l’eccesso, è stata una generazione che ha pagato tutto, tanti sono morti di Aids».
In Italia siete voi a fare la rivoluzione.
SG: «La nostra prima sfilata è nell’84. Grande successo di stampa, tutti ci vogliono».
DD: «Subito dopo però l’azienda con cui avevamo il contratto ci caccia».
Motivo?
DD: «Vicenda lunga, diciamo che avevano altri interessi».
A quel punto?
SG: «Dovevamo ricominciare da zero. Solo che non trovavamo nessuno che ci producesse la collezione. Bussiamo a tutte le porte, niente. Il pensiero era: nati e finiti in una notte».
Invece?
DD: «Ci aiuta la mia famiglia».
SG: «Suo padre dice: “Niente avevamo, niente abbiamo e niente avremo”, e ci dà i soldi».
DD: «Pochi soldi che ci facciamo bastare».
Sfilata 1985.
DD: «Chiediamo di sfilare alle nostre amiche».
SG: «L’insegnante di scuola media, la moglie del dottore. Tutte le taglie e tutte le età».
[…] Delusioni?
SG: «Molte, ma niente nomi».
Di certo non Madonna.
DD: «Irripetibile, unica. Ha sempre curato la sua immagine da sola, dietro non c’è nessuno».
Come vi incontrate?
SG: «Per noi era qualcosa di lontanissimo, vestiva Gaultier».
DD: «Nell’86 andiamo a un suo concerto, negli spalti io fantastico: “Chissà se un giorno indosserà mai qualcosa di nostro”».
Succede.
DD: «A Parigi va a una festa con una maglietta Dolce&Gabbana, e la fotografano».
SG: «Non volevamo crederci».
[…] Nelle vostre campagne fotografiche compaiono gli anziani. Tante donne anziane.
SG: «Se la mamma di Domenico fosse viva, sarebbe perfetta per una nostra campagna».
È lei a tornare nelle foto?
DD: «Forse».
Dolce e Gabbana si raccontano: “Noi nati e finiti in una notte, poi quel regalo”
Che madre è stata?
DD: «Vestita di nero, capelli legati, tipica donna siciliana. Severa, eppure modernissima».
Ovvero?
DD: «Sebbene lo sospettassi già dall’infanzia, capisco di essere omosessuale a ventun anni, a Milano. Allora vado da mia madre e dico: “credo di essere gay”».
Reazione?
DD: «”Hai provato un uomo?”. Sempre stata una donna concreta lei».
Conseguenza?
DD: «Fino a quel momento non avevo dato neanche un bacio, dopo la confessione a mia madre bacio, mi libero, e incontro Stefano».
Presentazione ufficiale di Stefano in famiglia?
SG: «Ricordo tutto di quella prima volta a Polizzi Generosa, ogni dettaglio: il grande portone di legno. La porta della sartoria. Domenico che suona il campanello, uno di quei vecchi campanelli bianchi. L’attesa, la porta che si apre e compare il padre. Un uomo non altissimo».
E?
DD: «Lo hanno accolto subito».
SG: «Dormiamo in camere separate. In quella casa abbiamo sempre dormito divisi».
La mamma di Domenico si ammala.
DD: «Alzheimer».
SG: «Siccome era una donna molto spiritosa lo abbiamo capito tardi. All’inizio, alle frasi sconnesse, tutti abbiamo pensato che fossero le sue solite battute».
DD: «Lo capisce mia sorella a Londra».
SG: «Erano in albergo, e sua madre dice: “aspetta che prendo la moka e ti faccio un caffè”».
Dopo?
DD: «Verso la fine non mi riconosceva. Forse perché dei tre figli ero quello andato via di casa prima, a tredici anni».
Che figlio diventa nella malattia?
DD: «Lei viveva a Legnano, io andavo a trovarla ogni giorno. Mi fingevo un cliente dell’emporio. Dicevo: “buonasera signora”».
[…] La vecchiaia di Dolce e Gabbana?
SG: «Arriverà?»
DD: «Se capisci le stagioni, a dicembre non esci in costume. Metti il cappotto. Indosseremo cappotti bellissimi».
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