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Carlo Conti: “Lite Pieraccioni Panariello? Hanno capito l’uno l’errore dell’altro…”

Carlo Conti: “Lite Pieraccioni Panariello? Hanno capito l’uno l’errore dell’altro…”. Il conduttore rivela un retroscena sui suoi colleghi e amici da 40 anni in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

40 anni di amicizia con Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello , ci dica lei un pregio dell’uno e dell’altro.
«Leonardo è una forza della natura. Di lui amo la leggerezza unita alla profondità. Ci divertiamo con poco, per esempio facendo a gara a chi fa lo spaghetto più cattivo! Giorgio è meticoloso, professionale, sempre concentrato. Durante il nostro Tour il suo camerino era ordinato, con le candele accese, la musica lounge; in quello mio e di Leonardo c’era un viavai di figli e amici».

Scelga un’immagine per raccontare la sua amicizia con Leonardo.
«Io e lui che camminiamo con i nostri figli sulle spalle, Matteo e Martina. È un’istantanea bellissima, l’ha scattata mia moglie Francesca due anni fa. Chi avrebbe immaginato che avremmo condiviso l’esperienza della paternità?».

Ora una per Giorgio.
«Agosto di 12 anni fa a Viareggio, durante lo show organizzato da Zucchero dopo la strage ferroviaria. Senza concordare niente, saliamo sul palco e lo presento come Mario il Bagnino. Boato del pubblico. Andiamo avanti per 20 minuti in simbiosi perfetta, fatta di mestiere e amicizia».

Cos’ha imparato da loro?
«Sul piano professionale a fare la spalla, a stare un passo indietro. Sono sempre stato il regista e loro i goleador».

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Incomprensioni?
«Ma sì… Nell’ultimo tour ce ne fu una tra Giorgio e Leo, roba da fuoriclasse, come se avessi tirato la palla in area mentre erano lì insieme».

E come si risolse?
«Ho lasciato che passasse la notte e il mattino dopo hanno capito l’uno l’errore dell’altro, perché la ragione sta sempre nel mezzo».

Fu lei, dieci anni fa, a fare la telefonata più difficile: quella in cui avvisava Giorgio della morte del fratello.
«Chiamarono me perché non avevano contatti con lui. Fino all’ultimo sperai che il Francesco di cui parlavano le forze dell’ordine non fosse il Franco che conoscevamo noi. Quando Giorgio mi confermò che il nome all’anagrafe era Francesco mi si gelò il sangue e dovetti dargli la notizia».

Come si sta vicino a un amico dopo un lutto simile?
«Come quando è morta la mia mamma o il babbo di Leonardo. Quando abbiamo affrontato le cose più gravi, le perdite, non sono servite tante parole. In quei casi basta un abbraccio vero: sappiamo che ci siamo l’uno per l’altro».

Con Leonardo la complicità è rafforzata dalla paternità.
«I nostri figli sono legatissimi: Matteo, che ha 7 anni, vede Martina come un esempio da seguire, lei ne ha dieci. È bello vederli litigare e fare pace, giocare, crescere insieme. Matteo chiama la madre di Leonardo nonna Carla».

Giorgio è rimasto indietro?
«Con lui ci vediamo meno perché vive a Roma, e io e Leonardo a Firenze. Ma ci sentiamo spessissimo. E poi ora che ho preso io un canino, la Gina, avremo da condividere questa esperienza: Giorgio si batte molto per i cani».

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