Jerry Calà si racconta: “Di Mara Venier amo un aspetto. Tradimento? L’ho fatto solo per un motivo”. L’attore compie 70 anni e riavvolge il nastro della sua vita ripercorrendone alcune tappe significative in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Com’ è esibirsi in un tempio come l’Arena?
«Per me che sono cresciuto a Verona e ci sono tornato a vivere è meraviglioso. Ricordo che da ragazzino andavo ad aspettare i cantanti fuori dall’Arena dopo il Cantagiro e ora alcuni di loro, come Maurizio Vandelli e Shel Shapiro, sono tra i miei più cari amici e sono stati ospiti della serata. È stato il coronamento di un sogno fanciullesco».
Ha avuto ospite anche Mara Venier, sua ex moglie.
«È la mia più grande amica. Con l’affetto che resta dopo l’amore e con l’intelligenza, si diventa amici. Per noi è stato naturale. Alcune persone rimangono nel cuore e il rapporto si trasforma in qualcos’ altro di ugualmente bello e pieno di complicità».
Che cosa le piace di Mara?
«Amo la sua schiettezza, il suo essere sempre di pancia, empatica e pronta a commuoversi, ma anche a gioire spontaneamente. È una delle persone più vere che conosco».
Jerry Calà si racconta: “Tradimento a Mara Venier è leggenda”
Si è parlato molto di quanto l’ha tradita…
«Ma basta con queste cose, ormai è diventata una leggenda! Ogni età ha i suoi problemi e a quei tempi non avevo neanche 30 anni, che per un uomo vuol dire essere un ragazzino. E poi ero in preda a un improvviso successo. Se ho fatto qualche marachella mi giustifico».
[…] Che liceale era Jerry Calà?
«Ero uno studente alterno. Andavo bene in alcune materie e in altre no, ma andavo bene in quelle giuste per il classico, come latino e greco, tanto che inizialmente mi ero iscritto a Lettere antiche a Bologna. Ma non mi sono trovato a mio agio con la vita universitaria».
[…] E oggi alcuni suoi intercalari, da «Capito?!» a «Libidine!» sono entrati nell’uso comune. Come ci sono rimasti così attaccati?
«Ma che ne so?! (ride, ndr ) È un gift forse, un dono. So solo che sin dai primi anni con i Gatti vedevo che se storpiavo alcune parole alla mia maniera poi la gente le ripeteva per strada. Non so come sia possibile, forse perché mi ispiravo un po’ ai tic delle persone o alle pubblicità. Mi inventavo quelli che oggi si chiamerebbero dei “tormentoni” e vedo che ancora adesso i ragazzi vi si affezionano. Scoprono i miei film di quando non erano ancora nati e poi vengono ai miei spettacoli e sanno a memoria le battute. Incredibilmente ho tanti giovani che mi seguono».
Come se lo spiega?
«Forse perché i miei film fotografano un periodo che appare più divertente e pieno di entusiasmo rispetto a oggi. Sanno anche le colonne sonore, canzoni di 40 anni fa. È uno strano fenomeno sociale, sarebbe da studiare. Vanno a ballare elettronica, ma se vogliono divertirsi con la cantata in gruppo ricorrono alle canzoni di Battisti o dei Nomadi».
Jerry Calà si racconta: “La nostra generazione in tv faceva più esperimenti”
La comicità di oggi come le sembra?
«Gli schemi più o meno sono gli stessi. Forse è cambiata la formazione dei comici: la nostra generazione prima di approdare alla tv faceva un sacco di sperimentazioni live, faceva gavetta nei teatrini e nei cabaret. Oggi accade un po’ il contrario: la tv crea dei comici che poi a seconda del successo diventano più o meno popolari e vanno in giro».
Ci sono comici che le piacciono?
«Mi fanno molto ridere le commedie di Ficarra e Picone, li trovo molto divertenti anche al cinema. Ma i registi di commedie non ci mancano, ne abbiamo di bravissimi come Paolo Virzì o Paolo Genovese».
E intanto una commedia degli anni 80 come «Sapore di mare» rimane un cult…
«Quando faccio spettacoli in teatro chiedo sempre se qualcuno l’ha visto e parte un boato. Chiedo “quante volte l’avete visto?”. E c’è chi risponde 20 o 30, al che gli dico “ellamadonna ma ti senti bene?”».
Che ricordi ha di quel set?
«Ne ho di bellissimi. Ho preso gli schiaffi più belli della mia vita da una dea del cinema italiano che si chiama Virna Lisi. Mi disse “non li so da’ finti, scusami” e pam! Sono andato via con il faccione rosso».
E poi c’è la scena finale, effetto nostalgia garantito…
«Non voglio fare il presuntuoso, ma in quegli sguardi c’è qualcosa, un momento di quelli che lasciano il segno. Quando l’abbiamo girata il direttore della fotografia mi disse “hai fatto una cosa molto bella”. E so che anche su YouTube è una delle scene più cliccate».
Jerry Calà si racconta: “Gli anni 80 sono stati favolosi”
[…] Pensa di essere stato preso troppo alla leggera dalla critica?
«Sì, ma si sa, nelle commedie sono molto avari di complimenti, anzi ci danno dentro al contrario. A Berlino fu divertente perché mi aspettarono e a sorpresa sentii un grande applauso. Vidi le facce del gotha della critica e mi dissero “abbiamo capito che sei un attore vero e ti chiediamo anche un po’ scusa per come ti abbiamo criticato nella commedia”. Ma poi tornai a fare la commedia e loro ripresero a criticarmi come prima. È parte del gioco, in Italia il comico è sempre sottovalutato. In America se dici “I am a comedian” si tolgono il cappello. Ma devo dire che qualcosa forse ora sta cambiando».
[…] Un ricordo dei suoi mitici anni Ottanta?
«Sono stati “fabulous” per me, gli anni in cui mi sono successe le cose più belle. Ma è stato soprattutto un periodo dove ho sentito grande entusiasmo e voglia di fare. Quella voglia di sperimentare e di affrancarsi dalla famiglia che avevano i giovani che ho fotografato nel film Vado a vivere da solo».
Cosa direbbe al Jerry di 50 anni fa?
«Gli direi “vai così che vai bene”. Non credo nella retroattività del pensiero. La vita va come deve andare, a volte ci sono delle sliding doors, ne scegli una e via».
E come si sente a 70 anni?
«Fisicamente molto bene. Ma anche moralmente, sono ancora entusiasta e ho voglia di andare in giro. Però se mi volto indietro e riavvolgo un po’ la pellicola della mia vita e della mia carriera, li sento tutti questi 70 anni: ho vissuto molto e lavorato molto».
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