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Aldo Montano: “Io farfallone? No ma ero Dr Jekyll e Mr Hyde. Arcuri e Mosetti, ecco la verità”

Aldo Montano: “Io farfallone? No ma ero Dr Jekyll e Mr Hyde. Arcuri e Mosetti, ecco la verità”. L’ex campione di scherma si racconta tra love story, gossip e successi in pedana in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Sul braccio ha tatuato «memento audere semper», il motto dannunziano.
«Risale al 2007: al rientro da un infortunio arrivai secondo al Mondiale. Il senso non è politico: è piuttosto uno stimolo a insistere in quello in cui credi».

Qualcuno però dice che la scherma pullula di fascisti.
«Assolutamente no (risata)… Ma come si può pensarlo?».

Nella famiglia Montano ricorrono gli stessi nomi. Con suo figlio, nato poche settimane fa, siamo a Mario. I prossimi saranno Mario Aldo e Aldo?
«È fondamentale che dopo una femmina, Olympia, sia arrivato un maschio. Miravamo alla conservazione del cognome Montano: tutti i cugini hanno avuto femmine! Avevo il fucile puntato contro e ora che il bambino è qui non potevo non chiamarlo Mario, un pezzo di Mario Aldo, il nome di papà».

[…] E ad Aldo Montano jr com’ è andata?
«Mio padre desiderava che facessi altro. Fu così il nonno a mettermi in pedana: andò meglio rispetto a suo figlio. Mi raccontò la scherma con gli aneddoti: il risultato è che in questi 36 anni, alle soglie della mia quinta presenza ai Giochi olimpici, non ho mai avuto la sensazione di iniziare uno sport».

[…] È vero che dopo Tokyo si farà impiantare un’ anca in titanio?
«Un anno e mezzo fa ho scoperto di avere una necrosi progressiva: la protesi, a fine carriera, diventa necessaria. È lo scotto per aver gareggiato a lungo».

Lei da giovane è stato un monello?
«Ero un bravo bimbo, ma nel curriculum ho delle cavolate. Formavamo un gruppetto – anzi c’ è sempre, anche se ora siamo vecchi, spelacchiati o imbiancati – alla “Amici miei”. Andavamo in Sardegna con 20 mila lire e ci restavamo per un mese, dormendo in spiaggia».

Aldo Montano: “Io farfallone? Vi racconto le storie con Arcuri e Mosetti”

Essere un bel ragazzo ha aiutato, nella carriera?
«In quella sportiva no. Invece per fare qualcosa di diverso dallo sport, probabilmente sì».

La storia con Manuela Arcuri ha moltiplicato la popolarità di Aldo Montano: giusto?
«In una fase della vita sono confluite varie componenti positive: “Manuelona” è stata una di queste. Prima di tutto ci fu l’ oro ai Giochi, cardine di ogni cosa. Quindi arrivarono i primi impegni televisivi con Simona Ventura, infine intercettai il desiderio dello sport di trovare alternative ai calciatori».

Però serviva anche il ragazzo belloccio e con le basettone.
«Fu un puzzle che si completò: Simona mi diede una chance e da lei conobbi l’ attrice famosa: per tre anni ha funzionato».

Manuela dichiarò a una rivista: «Ci siamo lasciati per liti futili e furibonde».
«Di una relazione accantoni i pezzi brutti e tieni solo quelli belli. Però non rammento grandi litigi. Ma avevo 25 anni e se a 43 ti accapigli con la moglie sulle fesserie, figuratevi a quell’ età…».

Anche Antonella Mosetti, altra sua fiamma glamour, non fu tenera: «Stavo impazzendo», disse.
«Oddio, l’ ho fatta impazzire?».

No, ma sosteneva che c’ era egoismo nel rapporto.
«Con lei non ho costruito qualcosa di importante. Siamo stati insieme per 7 anni, ma l’ idea della famiglia non si formava. E quando cominci a perdere i pezzi, tutto si sgretola».

Lei è un maschio latino e geloso?
«Nasco geloso. E rimango geloso se ho modo di preoccuparmi. Anche di mia moglie lo sono stato e lo sono. Non ci siamo mai lasciati, ma qua e là ho dovuto riacciuffarla: quante volte mi sono fiondato a Mosca…».

Si dice però che lei sia stato un farfallone.
«Farfallone no, ma come persona sono stato Dr Jekyll e Mr Hyde: ovvero, tranquillizzante da un lato e particolare dall’ altro. Ho portato orecchini, anelli, catene e catenazze, ho avuto vari tagli e colori di capelli…».

Aldo Montano: “Io farfallone? No ma ero Dr Jekyll e Mr Hyde”

[…] Essere personaggio da gossip ha pesato o ha aiutato?
«All’ inizio mi ha pesato. Tanti si aspettavano il passo falso, la cavolata, la crisi di coppia: io non capivo. Funziona così: non importano le belle cose, fanno più notizia quelle negative. Rimanevo poi male a leggere critiche infondate, ad esempio quella che mi allenavo poco. Ho afferrato che la mia esposizione era cambiata: non l’ ho capito subito, ma una volta che l’ ho “digerito” ho imparato a fregarmene».

Avrebbe potuto vincere di più?
«Sì, tanto di più. Ho avuto colpi di sfortuna, non ho avuto la carriera della Vezzali, che per 20 anni è stata un killer e un martello pneumatico. Ma non cambierei il mio percorso: alla fine l’ onda di risultati, di emozioni, di incazzature, di disastri e di riprese ha fatto sì che sia ancora qui».

Qual è la delusione più cocente?
«Al Mondiale 2010 ero visto come l’ uomo da battere. Ore 8.30, a Parigi era ancora buio e pioveva: io uscivo dal palasport dopo aver perso al primo turno; per tornare in hotel vagavo come uno zombie. Altre volte, invece, ho vinto in condizioni precarie: come nel 2011 a Catania, dopo un infortunio. Lì hanno contato testa e voglia di riscatto. La mia benzina è stata spesso la rabbia: se avessi avuto una carriera da fenomeno, forse mi sarei annoiato».

Le sarebbe piaciuta la Roma della Dolce Vita?
«Dal 2004 al 2010 la mia Dolce Vita l’ ho vissuta. Però quella dell’ epoca mi dicono fosse poetica, patinata, magica».

È vero che nella scherma si «rimorchia»?
«Prima più di oggi. Peraltro, devo stare zitto: ormai ho moglie e figli Vedo però i miei attuali colleghi meno attivi, anche perché si trincerano dietro telefonini, tablet, computer…».

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