Alessandra Mussolini: “Cambiamento? Da piccola ho sofferto un aspetto. Se uno dei miei figli gay? Conta la felicità”. L’ex parlamentare parla parla del Ddl Zan e del suo punto di vista in una intervista rilasciata al settimanale ‘Chi’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Ha abbandonato la politica, ha trovato il suo equilibrio, si è interrogata spesso sul senso della vita e per questo ha scelto di supportare il Ddl Zan.
«Non la chiamerei conversione, né redenzione. Sarebbe riduttivo. Io non faccio altro che analizzare le situazioni, senza barriere e senza essere condizionata, in alcun modo, dalle etichette. Eppure, ciononostante, viviamo una realtà così particolare dove la tolleranza non vale per tutti, ma solo per alcuni».
La foto pubblicata sui suoi social con scritto Ddl Zan, sul palmo della mano sinistra, ha scatenato il putiferio e fatto il giro del mondo.
«Ho aderito a una campagna per una battaglia che considero più che giusta. Niente di straordinario, tra l’altro, visto che è sempre stato il leitmotiv della mia esistenza. Oggi più che mai bisogna combattere tutti assieme le tante discriminazioni che, purtroppo, esistono ancora».
C’è chi sostiene che questa sia una legge che limiti, in qualche modo, la libertà d’espressione.
«Sono dell’idea che, in questo caso specifico, la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri».
A sposare certe lotte, non ha paura di deludere i suoi sostenitori?
«La verità? No! Chi ha apprezzato e condiviso il mio spirito libero e liberale, nonché le tante battaglie fatte, sono sicura che continuerà a farlo. E poi, io, parlo per me in quanto cittadina. Non rappresento, né voglio condizionare nessuno».
Alessandra Mussolini: “Cambiamento? La mia libertà finisce dove comincia quella degli altri”
L’Italia e gli italiani sono pronti?
«Occorre iniziare oggi per le generazioni future. Ogni rivoluzione culturale necessita di tempi molto lunghi e su questo dissento da chi vorrebbe cambiare sempre tutto e subito. Se si pensa che ancora oggi la donna viene accompagnata all’altare, dal padre, e viene consegnata al futuro marito…».
Fa strano sentirla parlare così visto che, nel 2006 ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta, urlò a Vladimir Luxuria: «Meglio fascista che fr***o».
«Usai quell’espressione in risposta a una violenta provocazione sul mio cognome. Non volevo offendere, ma porre fine a una spiacevole discussione».
Ha mai chiesto scusa?
«Le basti pensare che io e Vladimir, oramai, siamo amiche. Ci troviamo spesso come ospiti nelle stesse trasmissioni televisive e non rinunciamo mai a due risate assieme».
Sarebbe favorevole alle adozioni per le coppie dello stesso sesso?
«I bambini abbandonati negli istituti sono la peggiore sconfitta di ogni società. L’amore deve prevalere su tutto».
Se uno dei suoi tre figli, un domani le rivelasse la propria omosessualità?
«Per me conta, oggi più che mai, solo ed esclusivamente la loro felicità».
Alessandra Mussolini: “Cambiamento? Da piccola ho sofferto un aspetto”
E si è mai chiesta del perché molte famiglie siano così reticenti nell’accettare la sessualità dei propri figli?
«Perché, nonostante tutto, la nostra società non è così aperta come sembra, tanto che talvolta l’omosessualità di un figlio diventa un’onta per tutta la famiglia. Quando poi la sessualità non è nient’altro che la più intima condizione di ogni individuo sulla quale nessuno dovrebbe discutere. Invece oggi mi sembra ci sia una vera e propria ossessione».
Quando Platinette dichiara che “inserire l’identità di genere nei programmi scolastici è una violenza”, che cosa pensa?
«Mi torna in mente il mio disagio quando da bambina sulla pagella c’era scritto: “Firma del padre o di chi ne fa le veci”. I miei genitori erano divorziati e firmava sempre mia madre e questo non ha idea di quanto mi facesse soffrire».
È più importante l’educazione in casa o nelle scuole?
«Senza alcun dubbio quella dei genitori».
Questo è il mese dell’orgoglio gay. Ritiene sia ancora utile marciare, tra carri e colori, sulle note di I will survive?
«Trovo che musica e colori siano la migliore cura dopo un periodo buio e triste come quello dal quale stiamo faticosamente tentando di uscire. Mi auguro che questo spirito si riversi in ogni manifestazione, politica e non».
Se venisse invitata come madrina?
«Madrina? Semmai padrina!».
Il politicamente corretto e quest’attenzione maniacale alle desinenze affinché finiscano con la “a”, porterà a qualcosa?
«Trovo inutile e anche un po’ ridicolo cambiare al femminile un termine maschile. Non sarà mai questo a eliminare le disparità esistenti. E non è certo per questo che un sindaco, un notaio, un avvocato donna si sentono meno rappresentative della categoria».
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