Michele Placido: “La prima volta l’ho fatto con una suora. Ci cacciarono dal collegio”. Michele Placido e la prima volta, l’attore pugliese rivela un retroscena della sua giovinezza in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Voleva diventare sacerdote e fare il missionario in Paraguay come lo zio, ma per una storia d’amore con una suora venne cacciato dal collegio. Però Michele Placido, nato ad Ascoli Satriano 75 anni fa, minimizza.
«Ero un ragazzino di 12 anni, all’epoca nutrivo una sincera vocazione e quella storiella fu innocente. Lei si chiamava Antonietta, aveva 18 anni, era suora di clausura ed era addetta nel collegio, dove mi trovavo da quando avevo 9 anni, al cambio della biancheria di noi educandi. Le passavo il mio sacco con gli indumenti attraverso la famosa ruota. Non ci vedevamo, ma sentivo la sua vocina dolce che sbocciava dalla sua bocca che immaginavo soltanto.
Cominciammo a scambiarci informazioni: come ti chiami, dove sei nata, lei era di Benevento e veniva da una famiglia molto povera. Poi iniziammo a scriverci bigliettini, una corrispondenza segreta attraverso la ruota. E quando da casa mi arrivavano i pacchi di provviste, con caciocavallo, salumi, dolciumi, passavo anche a lei un po’ di cose da mangiare, perché la sua famiglia non le mandava niente.
Finché arrivò il Natale e quella sera riuscimmo a darci appuntamento di notte nel campo sportivo. Faceva un freddo terribile, io scappo dal mio letto e lei dal convento».
E che succede?
«Beh… Antonietta, mai vista prima, era bruttarella: lei con la tonaca, io con i pantaloni alla zuava. Cominciammo a consumare le mie cibarie, poi ci abbracciammo, ci baciammo e, forse, qualche altra cosetta… Era il primo corpo femminile con cui entravo in contatto. Lei mi sussurrava “sei il mio sposo: tu e Gesù”».
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I superiori come lo vennero a sapere?
«Forse confidai a un compagno la mia avventura e al confessore avevo detto che avevo peccato. Da dietro la grata mi chiese: ti sei toccato? E io, nella mia totale innocenza, risposi con voce rotta dal timore che avevo fatto cose brutte… Fummo cacciati entrambi e finì la nostra love story. Io posi fine al mio percorso: il missionario non l’avrei fatto, era sbocciata la mia sessualità e non potevo accettare l’idea della castità. Mi dispiacque molto per Antonietta: non ci siamo più visti».
Papà Beniamino e mamma Maria come la presero?
«Non benissimo, ma ero felice di essere tornato a casa, nella mia numerosa famiglia, 8 figli: cinque maschi e tre femmine… E nel mio paese , però a scuola dovetti fare i conti con il mio disturbo dell’apprendimento».
Spieghi meglio.
«Alle elementari la mia attenzione svaniva quando c’erano materie come matematica, chimica, fisica… mi distraevo, ero un vero ciuccio. Però ero attento alle lezioni di italiano, lì il mio cervello si attivava con energia superiore a quella dei compagni. La poesia mi piaceva molto, sapevo talmente bene quelle di Pascoli che, quando arrivavano a scuola gli ispettori, la maestra me le faceva recitare».
Poi proseguì gli studi al liceo classico?
«Macché! Mio padre, geometra, mi fece iscrivere all’istituto tecnico industriale. Un disastro. Venivo sempre rimandato e poi bocciato. I miei genitori erano preoccupati e chiesero a mio zio maresciallo di farmi entrare in polizia. Vinsi il concorso con il solo diploma di terza media perché, in verità, ero stato raccomandato: una nostra parente era segretaria dell’allora ministro dell’Interno Taviani. Avevo 19 anni, venni a Roma e mi ritrovai a fare il celerino quando nel ‘68 ci furono le sommosse degli studenti a Valle Giulia».
[…] Il suo grande amore è sempre la sua terra.
«L’unica vacanza che concepisco è tornare nella campagna pugliese dove si respira la bellezza, ma anche la fragilità della natura umana: cerco di trasmettere questo sentimento ai miei figli».
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