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Mamme protettive coi figli: scoperto il meccanismo cerebrale che stimola ad accudire la prole

Mamme protettive coi figli: scoperto il meccanismo cerebrale che stimola ad accudire la prole. C’è una proteina alla base del comportamento innato che porta le madri a prendersi cura dei loro figli, si chiama calcitonina. È quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Cell Reports, condotto dagli scienziati del RIKEN Center for Brain Science (CBS) in Giappone, che hanno analizzato alcuni comportamenti specifici nei topi.

Secondo il team guidato da Kumi Kuroda del RIKEN CBS, i neuroni in una parte del proencefalo che contengono il recettore della calcitonina possono contribuire a concretizzare atteggiamenti di protezione nei confronti della prole.

Molti comportamenti semplici, spiegano gli autori, sono guidati da diverse parti dell’ipotalamo. Gli scienziati hanno studiato 20 geni e diversi tipi di neuroni allo scopo di identificare quelli coinvolti nell’accudimento dei più piccoli.

Mamme protettive coi figli: la scoperta

Stando ai risultati dello studio, ripreso da Agi, il livello di calcitonina era più alto nelle madri che avevano partorito da poco piuttosto che negli altri esemplari. Quando il gruppo di ricerca ha inibito questi neuroni, i comportamenti educativi si sono interrotti e le madri hanno agito come se avessero perso la motivazione all’accudimento dei cuccioli. Gli sperimentatori hanno poi posizionato i topolini su una piattaforma sopraelevata, analizzando il recupero da parte delle femmine.

La spinta verso la protezione dei piccoli portava le madri ad aiutare i cuccioli, affrontando la sfida e superando la paura della situazione. Quando però i livelli del recettore della calcitonina sono stati dimezzati, le madri hanno impiegato molto più tempo per recuperare i propri figli.

“I genitori sono portati al sacrificio e all’attenzione per prendersi cura dei propri figli. Abbiamo scoperto che la sovraregolazione del recettore della calcitonina è come una spinta nel cervello che motiva i topi ad aiutare i loro cuccioli. Il prossimo passo sarà osservare il ruolo di questa proteina nei primati non umani”, spiega Kuroda.

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