Escobar, il nipote: “La sua tenuta ‘Napoli’, i doni ai bambini. Oggi è caos. Vi racconto chi era”. La redazione di ‘7’ de ‘Il Corriere della Sera’, ha intervistato in esclusiva Nicolas Escobar, figlio di Roberto (fratello di Pablo Escobar). Il nipote maggiore del super boss della droga, racconta nei dettagli la vita di uno dei più grandi trafficanti di droga.
A partire dall’hacienda Napoles, la residenza estiva costruita nel 1979 vicino a Puerto Triunfo, a 130 chilometri di distanza da Medellín. Escobar spese 70 milioni di dollari per acquistare il terreno all’interno di un ranch di oltre 350 chilometri quadrati, dove si fece costruire un aeroporto e un eliporto, piscine e laghi artificiali. Acquistò da ogni continente leoni, cammelli, struzzi, giraffe, ippopotami, bisonti…
Il nipote Nicolas, 50 anni, spiega: «I miei ricordi più belli dello zio Pablo sono legati proprio a quello zoo. Una realtà magnifica, con tutte quelle specie rare, spesso esotiche, impossibili da vedere per noi bambini se non andando in gita nella tenuta. Era un parco delle meraviglie, un luogo pubblico aperto a chiunque senza distinzioni».
Pablo Escobar, il nipote: “L’hacienda Napoles dal nome di Napoli”
Poi il retroscena sul nome: «Aveva preso il nome proprio dalla vostra città: a Napoli, lo zio aveva collocato un’importante succursale del traffico di droga. I soldi realizzati dalla vendita dello stupefacente in Campania vennero investiti nella creazione della “Hacienda”».
Oltre a omicidi, traffici di ogni genere e guerre, l’ex boss faceva anche beneficenza: «Quando arrivava ottobre, iniziava il progetto della raccolta di informazioni di tutti i bambini che vivevano in un’area di circa trenta chilometri intorno alla “Hacienda”. Non c’era un solo piccolo che, il 24 dicembre, non ricevesse dei regali da parte di Gesù bambino per festeggiare il Natale. E questo perché Pablo Escobar era nato poverissimo…».
Escobar fu ucciso nel 1993 ma il traffico di droga e le guerre cruenti sono proseguiti: «Si è detto in molte occasioni che con la morte di Pablo Escobar il narcotraffico sarebbe cessato, ma lui per primo ripeteva che il traffico non si fermerà mai finché ci saranno i consumatori di droga. Io credo che il processo debba essere inverso: non si dovrebbero combattere i narcotrafficanti ma, piuttosto, educare e istruire le persone che sono la fonte diretta del consumo, i giovani e i bambini che non ricevono dal governo i mezzi educativi per non cadere nel baratro della droga, che costituisce un immenso flagello per la società. Drogarsi è troppo semplice, trovare la droga è troppo semplice: il complicato è uscirne».
Pablo Escobar, il nipote: “Il governo colombiano sbaglia coi contadini”
Sui diari e i segreti e le accuse al governo a proposito delle piantagioni dei contadini. «I coltivatori mettono a disposizione la propria terra per produrre la coca, e sono loro che finiscono per affrontare la guerra diretta contro le forze dell’ordine… Sono loro che finiscono col perdere la vita per difendere quella che è la loro unica fonte di sostentamento. Il governo non offre la possibilità di modificare le coltivazioni piantando magari altri tipi di prodotti come la tapioca, né permette ai padri di famiglia di avere l’opzione di raccogliere e vendere i prodotti coltivati per trarne una diversa fonte di reddito».
Poi la domanda lapidaria: Ma oggi chi comanda, Nicolas? «Se parliamo di forza a livello di narcotraffico, il 99,99% del narcotraffico mondiale è gestito da colombiani e messicani… Prima c’erano due grandi cartelli, quello di Medellín e quello di Cali. Dopo la morte di Pablo Escobar e di Chepe Santacruz, ebbe luogo la disgrazia, e lo dico dal punto di vista che mi è toccato vivere: quando morirono, si è dovuta consegnare la città di Medellín ai nostri più grandi nemici…
Da allora, le cose sono radicalmente cambiate e oggi ci sono centinaia di piccoli gruppi non visibili neanche alle autorità. Gestiscono il traffico non come facevano i vecchi cartelli, secondo una vera, solida, articolata organizzazione. Niente di tutto questo: ormai gestiscono il traffico della droga come fosse un negozio».
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