Il dramma di Kasia Smutniak raccontato in una intervista a ‘Io Donna’
Il dramma di Kasia Smutniak: “Vitiligine? Ho dovuto rinunciare al sole ma c’è un vantaggio”. L’attrice, vedova di Pietro Taricone, attualmente legata al produttore Domenico Procacci, parla della vitiligine e di come è riuscita a mettersi alle spalle il problema. Di seguito alcuni passaggi dell’intervista a ‘Io Donna’.
“Sono stata fortunata: i miei mi hanno cresciuto con libertà mentale, con l’idea che sarei potuta diventare quel che volevo, che non c’è differenza tra un maschio e una femmina. E sì che non vengo da una famiglia hippie, ma da una militare abbastanza rigida”.
[…] Non pare una fifona: ha persino il brevetto per pilotare aerei.
“Pilotare mica mi intimorisce, anzi! Pilotare è la sensazione più bella del mondo, arriva dalla consapevolezza dei propri limiti, dalla preparazione, dalla responsabilità. I piloti non hanno paura: voi salireste su un aereo con un pilota che ha paura?”.
Nel 2019 fa ha deciso di parlare su Instagram del problema della vitiligine.
“Era comparsa nel 2014, è una condizione autoimmune su base spesso psicosomatica, è stato un percorso di consapevolezza assai interessante: senza quella che io chiamo “particolarità” non mi sarei mai dedicata tanto tempo: riesci davvero a fermarti, a scavare dentro di te solo quando c’è un intoppo. A un certo punto mi sono annoiata di me stessa: ho deciso che non sarebbe stato più un problema, e mi sono aperta. Ovvio, non è piacevole dover rinunciare al sole, però ne prendo il buono: ho una pelle fantastica!” (ride).
Qualche miglioramento dopo la rivelazione pubblica?
“Non è che – in definitiva – mi avesse messo troppo in crisi: vengo da una storia per cui cose simili non potrebbero proprio mettermi in crisi. Comunque sì, è stato liberatorio: ho smesso di notarla io per prima. Perché il punto è questo: se qualcosa diventa il focus e ti dà insicurezza, credi che gli altri – quando ti guardano – vedano solo quello.
Tutto è nella nostra testa, ci provoca un’auto-limitazione. Adesso finalmente si è aperto il discorso sulla body positivity, però c’è ancora parecchio da fare per sviluppare la fierezza di essere diversi, non convenzionali, in questo mondo globalizzato, omogeneo”.
A proposito di “mondo globalizzato”. Quali insegnamenti ha tratto frequentando il Mustang, nel Nord-Est del Nepal, dove ha creato una scuola con la Pietro Taricone Onlus?
“Ho visto, soprattutto, l’impatto che il luogo ha avuto su mia figlia, che c’è venuta con me, e – di riflesso – su mio figlio (Sophie, avuta nel 2004 da Pietro Taricone, e Leone, nato nel 2014 dall’unione con il produttore Domenico Procacci, ndr).
Per dire: se desiderano una cosa, sono i primi a proporre di regalarne una in cambio… Certe cose non c’è bisogno di spiegarle, per loro sono naturali, Sophie appartiene alla generazione di Greta Thunberg. È la mia generazione – e quella dei miei genitori – che ha provocato i danni all’ambiente: il boom economico, gli anni Settanta, gli aggressivi e favolosi anni Ottanta e Novanta. Purtroppo, senza consapevolezza, la Storia è destinata a ripetersi”.
A che cosa si riferisce?
“Al Mustang. Era un luogo quasi incontaminato quando l’ho scoperto, nel 2003. E così è rimasto fino al 2016, quando abbiamo inaugurato la scuola, ispirata all’architettura tradizionale mustangi ed edificata a impatto zero. Nel frattempo, purtroppo, c’è stato un cambio veloce e drastico perché proprio lì – sull’altopiano tibetano – è in costruzione la strada che unisce la Cina all’India.
Certo, ci sono i pro (raggiungere un ospedale è più facile, e noi arriviamo in due giorni di viaggio anziché in cinque), ma i contro li superano. Ho assistito all’arrivo dell’elettricità nella capitale, Lo Manthang, un “dono” del governo cinese esibito con pali giganti in acciaio: un simbolo della nostra epoca che entra senza chiedere il permesso, senza capire cosa potrebbe provocare questo veloce percorso. A partire da problemi pratici come quello della plastica”.
Aggiungi Commento