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Natalia Aspesi: “A 92 anni penso solo al presente. Un aspetto di oggi mi fa arrabbiare. Ho un sogno…”

Natalia Aspesi, 92 anni, si racconta a Mario Calabresi per il podcast “Altre Storie”

Natalia Aspesi: “A 92 anni penso solo al presente. Un aspetto di oggi mi fa arrabbiare. Ho un sogno…”. La nota giornalista e scrittrice si racconta a Mario Calabresi per il podcast  “Altre Storie”. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Natalia Aspesi 92 anni.
«Quello che conta è il presente. Il passato sarà stato anche meglio ma il presente non sbaglia mai».

Qual è il segreto per arrivare a 92 anni con lo spirito che ha lei?
«La curiosità»

La cosa che la fa più arrabbiare.
«Siamo sempre lamentosi […] Quello che mi impressiona è la mancanza di voglia di speranza. Cioè nessuno è più positivo, nessuno è più ottimista, tutti vedono il nero».

Per te che cos’è il futuro?
«Beh, intanto cosa mangerò stasera che è già un problema, ci devo ancora pensare. Ma poi, sai, i sogni li faccio lo stesso. Io, in fondo, penso di averlo il futuro, sapendo che non ce l’ho, ma sono due cose che stanno insieme».

Quanto tempo occupano i ricordi e il passato nelle tue giornate?
«Io non ricordo niente, nulla: non solo ho dimenticato nel vero senso della parola, ma poi per me il passato è passato, non mi interessa».

Forse è questa la tua forza, che vivi nel presente e nel futuro.
«Chissà il futuro. Il presente di sicuro. Io non mi metto mai a dire: “Oh come era bello”».

Non li rimpiangi mai “i bei tempi perduti”?
«No, non li ho perduti, li ho avuti. Non li ricordo ma ci sono stati e fanno parte anche del mio presente, di quello che sono. Però non ho tempo per i ricordi».

Ma davvero c’erano, secondo te, i bei tempi?
«Sai io credo che ognuno li abbia, sono i tempi della giovinezza. Io, per esempio, sono felicissima di essere vecchia, perché ho vissuto la guerra che mi ha forgiato, mi ha insegnato a essere sicura di me perché mia madre mi abbandonava, in quanto doveva lavorare, e io andavo in giro da sola nella Milano bombardata. Poi la fine della guerra, l’inizio della ricostruzione, la gioia della libertà. Gli anni anche duri, che sono stati quelli del terrorismo. Però c’era lo stesso tantissima speranza e, soprattutto, è nato il femminismo».

A questo punto parliamo delle conquiste del femminismo e delle critiche ripetute che lei fa a quello che definisce il “femminismo vittimista” che perde di vista le cose importanti e qui torna a parlare dell’importanza del presente.
«È il presente che conta, non come lo vedo io, ma come lo vive la gente. Quando io faccio questi discorsi sulle donne, io so di sbagliare. Li faccio perché voglio mantenere il mio pensiero, ma io so che ha ragione chi fa altro, lo so, perché il presente è più forte e deve essere più forte del passato. Il passato sarà stato anche meglio ma il presente non sbaglia».

Infine, parliamo dei suoi sogni dopo il lockdown, dopo un anno passato in casa.
«Ho un sogno: andare alla Rinascente. Sto pensando di comprarmi uno di quei seggiolini che usano i vecchi signori che giocano al golf per andare alla Rinascente e potermi fermare davanti ai banchetti di lenzuola, di posate, di tutto ciò che riguarda la casa. Un’altra cosa che vorrei assolutamente fare è andare al Victoria and Albert Museum e poi, sempre a Londra, alla Tate Modern e visitarle per l’ennesima volta. Sì, quello è un mio desiderio e poi tornare giù nella mia casetta in Salento, a vedere i nuovi alberi che ho piantato».

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