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Spettacolo

Lillo: “Sono stato tre giorni in terapia intensiva. La malattia mi ha fatto capire un aspetto importante”

Lillo e i giorni in terapia intensiva, l’intervista a ‘Il Corriere della Sera’

Lillo: “Sono stato tre giorni in terapia intensiva. La malattia mi ha fatto capire un aspetto importante”. Pasquale Petrolo, il comico, attore e regista romano, 59 anni il 27 agosto, si racconta in una intervista rilasciata a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Affiancherà Ambra e Stefano Fresi sul palco del Concertone del 1 maggio.
«Ho il compito di sdrammatizzare l’atmosfera. Mi ispiro alla comicità fisica, quella di John Belushi, Alberto Sordi, Peter Sellers. Parlerò dell’importanza del lavoro in questo momento delicatissimo, specie per chi opera nello spettacolo o è a contatto con il pubblico. Ancora non ho deciso cosa fare».

Di sicuro non ci saranno Posaman e So’ Lillo.
«Hanno avuto un successo inaspettato tanto da produrre meme meravigliosi che io guardo uno per uno. Ormai appartengono al pubblico e pensare che Posaman è nato come un’arma per far ridere i concorrenti di Lol. So’ Lillo l’ho creato durante lo show: dopo essermi sfilato la parrucca di una ballerina anni 70, m’è venuta questa frase per dire: so’ io. E l’ho usata come tormentone. Non sono gag studiate e hanno funzionato. Quasi quasi improvviso pure al Primo Maggio, viene meglio».

Del cast conosce poco.
«C’è Noel Gallagher, me lo ha detto mia moglie: per me è un mito con gli Oasis e da solo. Antonello Venditti è il core de Roma. Uno dei primi dischi che ho comprato è stato Sotto il segno dei pesci».

La musica è un’altra grande passione, oltre a condividere con Greg (Claudio Gregori) la band Latte & i suoi Derivati, guida da solo Lillo e i Vagabondi (con la vocalist Loredana Maiuri).
«Sono un chitarrista mediocre e autodidatta. Ho un’anima rock, ma ascolto tutto, dai Police agli AC/DC fino a Franco Battiato…. roba buona, buonissima».

Lillo: “Sono stato tre giorni in terapia intensiva per il Covid”

Che però non gli ha evitato qualche piccola delusione.
«Qualche anno fa andai al concerto di Marilyn Manson. Si capiva che non vedeva l’ora di finire per andare a mangiare al ristorante».

Uno show indimenticabile?
«Da ragazzino scappai di casa per vedere Bruce Springsteen a Milano. Era il tour di Born in The U.S.A, è stato il live più bello della mia vita».

[…] ha iniziato disegnando fumetti negli anni 80.
«Lavoravo in una casa editrice, lì ho incontrato Greg. Quando è fallita, per alzare un po’ di soldi andavamo a suonare nei club romani con Latte & i suoi Derivati. Eravamo due scannati che volevano divertirsi. Una sera, al Fonclea, dove avremmo dovuto esibirci, noto un fila lunghissima di persone che prendeva un isolato. Ho detto a Greg: “Hanno aperto una discoteca vicino al nostro club”. Poi abbiamo capito che tutta quella gente era lì per noi».

[…] A ottobre, il contagio da Covid.
«Un mese di ospedale e tre giorni in terapia intensiva. La malattia mi ha fatto capire che bisogna cogliere l’attimo fuggente».

Gli è rimasto qualche desiderio da realizzare?
«Non ho sogni nel cassetto. Mi mancava il musical, e alla fine ho fatto pure quello, recitando in School of Rock. Avrei scelto questo mestiere anche se non avessi avuto successo. Ho al mio fianco la donna che amo… non abbiamo figli e forse è un piccolo dispiacere. Ma dalla vita ho avuto tanto».

Non desidererebbe salire sul palco di Springsteen?
«No, mi verrebbe un infarto, farei una pessima figura. Meglio che non accada».

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