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Televisione

Bonolis: “Avanti un altro racconta 2 aspetti di me. Concorrenti? Una categorianon mi piace”

Paolo Bonolis su ‘Avanti un altro’ e non solo: l’intervista a ‘Il Corriere della Sera’

Bonolis: “Avanti un altro racconta 2 aspetti di me. Concorrenti? Una categorianon mi piace”. Il conduttore della nota trasmissione di Canale 5 si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Cosa dice di lei «Avanti un altro»?
«Parla del mio rapporto con il gioco, con il quiz: di assoluto divertimento e non di ansia. Vedo molti giochi televisivi in cui la tensione è tutta focalizzata sul “saprà” o “non saprà”. Da spettatore non me ne frega niente di quello: se vedo un gioco voglio sia gioioso, farcito di elementi di assoluto disincanto, popolato da gioiosi fantasmini, personaggi buffi, mondi strani, mestieri singolari. Fonti di divertimento e di domande inaspettate che rendono un prodotto imprevedibile».

La critica che a volte le viene mossa è di indugiare su personaggi troppo eccentrici, freak…
«Negli altri quiz i concorrenti vengono scelti con cura perché sappiano e siano di bell’aspetto: è cio che si presume sia necessario per apparire in tv. Da noi questo non esiste: chiunque può partecipare, puoi essere anche solo fortunato. Da noi non esiste questo atteggiamento sprezzante che esclude l’elemento stravagante, anche borderline. Ci sta tutto: ognuno vede ciò che vuole o può vedere».

[…] Lei è come la vediamo?
«La persona che si vede in tv corrisponde a ciò che sono. Più che i prodotti troppo formattizzati, talvolta è chi conduce che si autoformattizza e mi dispiace: rinuncia alle immense potenzialità che tutti abbiamo. Se ci si conforma, si indossa la divisia di un esercito che nessuno guida».

[…] Se non il conduttore, quale altro mestiere avrebbe fatto?
«Studiavo per fare una carriera diplomatica: fortunatamente per questo Paese ho intrapreso un’altra strada».

Bonolis: “Avanti un altro racconta 2 aspetti di me”

Non sarebbe stato bravo?
«Ho molta pazienza ma in certi contesti viene meno. Tipo Erdogan lo avrei diplomaticamente mandato a quel paese. Incontrando la tv ho avuto la più grande fortuna che ti possa capitare: tutti noi siamo portatori di una o più talenti, solo che spesso non lo sappiamo. Era il 1981 e casualmente, perché avevo il motorino, ho accompagnato un mio amico a un provino alla Rai. Stavo stavo studiando Istituzione e diritto romano. A un certo punto mi hanno detto: e tu non lo fai?».

L’ha fatto.
«Poco dopo mi hanno chiamato per prendere parte a una trasmissione per ragazzi: mi davano 12 milioni di lire per un anno. Allora a casa non si navigava nell’oro, quindi non ho esitato. Lì ho capito che era quello che mi piaceva».

[…] C’è anche chi vede prossima la morte della tv. Cosa ne pensa?
«Stiamo attraversando un cambiamento tecnologico che, a livello di contenuti, si poggia su questa illusione divina della velocità. Deve essere tutto tremendamente veloce, se no non è saporito. La stessa comicità, ora, è di immediatezza invece che situazionistica, come preferisco io. La tiktokkeria imperante esaurisce il suo racconto in pochi secondi e sta trasformando la percezione stessa di qualsivoglia tipo di narrazione. Anche i miei ragazzi ormai preferiscono un pernacchio a sette frasi per arrivare a una battuta».

[…] Nella sua carriera c’è anche un ruolo d’attore. Lo rifarebbe?
«Ma no. L’ho fatto perché mi piace il cinema e per una volta ho voluto viverlo dalla sala macchine grazie ad Alessandro d’Alatri, che mi ha convinto insistendo in modo morboso. Ma sul set mi sono reso conto che i tempi nel cinema sono diversi da quelli della tv».

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