Ermal Meta e gli attacchi di panico, il cantautore ne parla in una intervista a ‘TV Sorrisi e Canzoni’
Ermal Meta: “Soffrivo di attacchi di panico, stavo sempre male. Una canzone mi ha spronato…”. Il cantautore racconta un momento difficile della sua vita, e non solo, in una intervista a ‘TV Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Facciamo un passo indietro. Prima del Festival di Sanremo dicevi a Sorrisi che non è facile tornarci quando l’hai già vinto. Com’è andata alla fine?
«È stato un Festival meraviglioso. Mi sono divertito tantissimo e ho raccolto molto più di quanto mi aspettassi. Avevo voglia di cantare e avevo voglia di cantare questa canzone, che si presenta come ho già raccontato, senza particolari effetti speciali al suo interno o al mio esterno. Sono andato lì senza pensare alla gara. Ho cantato e l’ho fatto pensando tanto a me».
Dicevi anche che a Sanremo non bisogna andarci solo perché se ne ha bisogno.
«Lo penso ancora. Amadeus mi ha chiesto se volevo esserci e io ho detto “perché no”. In fondo Sanremo mi ha dato molto di quello che ho oggi. In passato avrei fatto di tutto per andare su quel palco, sarebbe stato irriconoscente oggi dire “grazie, potrei non averne bisogno”».
Alla fine sei arrivato terzo con “Un milione di cose da dirti”. Hai ricevuto il premio “Sergio Endrigo” alla migliore interpretazione e il premio “Giancarlo Bigazzi” alla miglior composizione musicale. Il videoclip ti vede in una palla di vetro con la neve.
«Ci sembrava un luogo sospeso, un posto altamente simbolico. È quello che succede con la musica, che rimane lì, senza tempo, anche se dentro cade la neve e fuori c’è un terremoto».
Alla fine la tua palla di neve viene venduta a 9,99 euro, perché?
«È la stessa domanda che ho fatto io al regista Tiziano Russo (ride). Se l’avesse venduta a 2,99 euro sembrava in svendita, se l’avesse messa a 299 euro, magari era un eccesso di vanità. Ci siamo conservati su un prezzo standard».
Ermal Meta: “Soffrivo di attacchi di panico”
[…] Tra le canzoni più apprezzate dai tuoi fan e dalla stampa c’è “Non bastano le mani”, un meraviglioso pugno nello stomaco.
«Nasce nel 2017, in un momento molto particolare della mia vita. Soffrivo di attacchi di panico: ne avevo tantissimi e a un certo punto ne avevo così tanti, anche prima dei concerti o degli instore, che vivevo malissimo. Stavo sempre male… quella canzone nasce per spronare me stesso a reagire, a cristallizzare le ragioni di quell’ansia e a distruggerla. È stata brutta, ma ne sono uscito. Oggi sto bene».
[…] A chiudere questa “magica leggerezza” che permea “Tribù urbana” c’è “Un po’ di pace”, un brano che di nome e di fatto rilassa, mette in pace con se stessi.
«Penso che non ci sia magia, ma come sempre nella vita è il modo in cui fai le cose che fa la differenza. Parlo di temi difficili ma lo faccio con un forte senso di positività, di speranza anche. Poi credo che la musica abbia il potere di portarti in giro tra pensieri magari anche cupi, spigolosi, ma lo fa a fin di bene, lo fa con una sorta di senso terapeutico. Quest’album quando lo riascolto ricorda un po’ la sensazione che ho alla fine di un mio concerto: quando senti di aver detto tutto, espresso tutto, condiviso tutto…ecco, è quello il momento in cui ti senti bene».
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