Piero Chiambretti sul Covid, il vaccino e non solo, l’intervista a ‘La Stampa’
Chiambretti: “Covid? C’è una sola strada per uscirne. Ai negazionisti voglio dire una cosa. Il conduttore ha aderito come testimonial alla campagna di comunicazione della Regione Piemonte per ridare fiducia ai cittadini sulla vaccinazione. Ne parla in una intervista rilasciata a ‘La Stampa’, di cui vi proponiamo alcuni passaggi
«Perché sì. È l’ unico modo per tentare di battere questa terribile malattia e trasformarci in un gregge immune. Ora vedo tanti che si comportano come pecore, che fanno feste clandestine. Invece dobbiamo passare da questo gregge all’ altro».
In piazza, anche a Torino, tornano però No Mask e No Vax. Cosa direbbe loro?
«Non riesco neanche a dare un giudizio. Ma come si fa a negare che esista il Covid con tutti questi morti? A questa gente dico di andare in terapia intensiva o al cimitero prima di parlare. Uso una frase dura ma vera: il Covid si prende come un’ influenza ma può finire come il cancro, non dimentichiamocelo. Servirebbe sì una mobilitazione popolare, ma per chiedere vaccini per tutti, altro che negazionismo».
Mancano anche i vaccinatori.
«Se mancano è perché non ci sono. Non credo che un medico o un infermiere possa non rendersi disponibile per un’ operazione così importante».
Pensa che per gli operatori sanitari il vaccino dovrebbe essere obbligatorio?
«Sì. Ci hanno detto che il vaccino è la soluzione, e allora chi ci tutela deve tutelarsi per primo. Moralmente ed eticamente è giusto vaccinarsi e dirlo. Poi le paure dell’ uomo ci sono e ci saranno sempre, ma riguardano l’ ignoto. Non possiamo fare altro che fidarci».
Si farebbe vaccinare con AstraZeneca?
«Più di un medico mi ha detto che avendo fatto il Covid ho ancora gli anticorpi, quindi forse non ora. Quando però sarà il mio turno lo farò, e con il vaccino che mi toccherà. Siamo nelle mani dei laboratori, degli esperti e dei nostri anticorpi».
Come vive la zona rossa?
«Male perché sono asserragliato in casa. Ho perso un anno di vita e sono dispiaciuto soprattutto per mia figlia che ha 9 anni. Lavoro a parte, vivo quasi da recluso, ligio alle regole.
Trasgredire sarebbe assurdo.
«A casa sto molto da solo o con qualche congiunto quando si può. Certo, quando eravamo in zona gialla ho riaperto i miei ristoranti e sono uscito. La situazione è durissima».
Li riaprirà?
«Me lo auguro, sia per le famiglie che ci lavorano sia per me. Come mi auguro di tornare a vivere normalmente. E di ritrovare la certezza del futuro».
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