Stefano Accorsi in Francia ha vissuto momenti angoscianti, il racconto inedito a ‘Il Corriere della Sera’
Stefano Accorsi: “In Francia ho vissuto momenti angoscianti, mi sentivo poco italiano. La svolta è stata una”. L’attore racconta i momenti difficili della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Quando ha capito invece di amare il cinema?
«Prima dei dieci anni. Registravo i film di notte e li guardavo subito dopo pranzo. Mio padre aveva l’enciclopedia del Cinema e ricordo ancora come era la pagina su Paul Newman. A scuola ero esonerato dall’ora di religione e un giorno ne ho approfittato per andarmi a informare su una scuola di teatro. Lì ho deciso: finito il liceo mi sarei iscritto».
E lo ha fatto.
«Sì, ma mia mamma, una donna molto dolce ma anche molto pratica, mi aveva detto di continuare anche con l’Università. Scelsi Economia e Commercio anche se non sapevo nemmeno cosa dovessi fare… immagino che commercialista sarei stato… quell’estate però, sempre mia madre aveva letto dei provini che stavano facendo per un film di Pupi Avati: “Cercano anche non attori, prova”».
Ed ecco il primo film della sua carriera: «Fratelli e sorelle».
«Mi ero presentato con un book fatto dal fotografo del paese: mi aveva scattato delle foto al mare, visto che facevo anche il bagnino… ecco, avevo in mente le foto di Paul Newman ma il risultato non era proprio uguale. Ai casting c’erano 3 mila ragazzi ma per qualche ragione mi richiamarono per il secondo provino davanti a Pupi: ho intuito cosa si aspettava da me e, pur in modo piuttosto goffo, ho cominciato non a mentire ma proprio a fare finta di essere come lui mi voleva».
Stefano Accorsi: “In Francia i miei 10 anni bui”
Ha funzionato. Da lì, è iniziata una carriera fatta di successi: diciamo che da allora non le è più venuto il dubbio se fare il commercialista, no?
«Forse quello no, ma c’è stato un momento, di cui non ho mai parlato, in cui i dubbi erano diversi. Era quando vivevo in Francia. Essermene andato dall’Italia era stato vissuto, in qualche modo, come qualcosa di sprezzante e poco a poco, anche per via dei miei no, le proposte non erano più tante. Avevo un po’ rotto le scatole, la sensazione era quella. Sta di fatto che in quei dieci anni, dopo tutto quel successo, ho fatto solo tre film in Italia. In Francia recitavo, anche se non erano certo tutti i progetti a cui più ambivo. Anzi. È stato angosciante: mi svegliavo di notte non sapendo se sarei tornato ad assaporare quel tipo emozione. Non ne parlavo e avvertivo che la percezione da fuori era diversa. Ma le persone vicino a me sapevano tutto».
Sono stati dunque tutti anni molto complicati quelli francesi?
«Anni in cui non mi sono mai sentito così tanto italiano. A un certo punto mi mancava tutto. Se in Italia stai per perdere un aereo sai che tendenzialmente, in qualche modo, ma alla fine lo prenderai. Se in Francia stai per perdere un aereo allora stai certo: lo perderai sicuramente. Ma, allo stesso tempo, è stato anche un periodo formativo: lì sono tornato a fare provini. E ho smesso di dare per scontato che le cose andassero per forza come avevo sempre voluto e sperato. Mi sono rimesso in gioco, proponendo anche progetti pensati in modo diverso, che nascevano da me».
Stefano Accorsi: “In Francia ho vissuto momenti angoscianti, la svolta con le serie”
E arriviamo quindi a «1992», «1993», «1994». Un ritorno in Italia che ora somiglia a una rinascita.
«Sì, da lì è ripartita una fase molto attiva, che mi ha portato anche a spaziare, consapevole che più guardi fuori dal tuo recinto, più ti apri al mondo. Credo molto in questa equazione. In Francia però sono anche diventato papà per la prima volta (ha avuto i suoi primi due figli con Laetitia Casta, ndr.): un cambiamento epocale. Quando ho avuto mio figlio in braccio per la prima volta mi sono reso conto di cosa voglia dire quel legame indissolubile, che stravolge molte cose e ne relativizza altre».
Ha avuto poi altri due figli con Bianca Vitali, che nel 2015 ha anche sposato. Cosa l’ha colpita di lei?
«Mi è piaciuta la sua grande serenità: è una persona a suo agio con sé stessa e quindi nel mondo. Tra noi c’è stata anche da subito una grande naturalezza che ci ha portati al matrimonio. Prima ero anche io fra quelli che dicevano che sposati o non sposati, è uguale. Invece no, poi ti accorgi che non è uguale. È un grande passo, ma lo capisci solo se ci passi attraverso».
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