Ottavia Fusco Squitieri, moglie del regista scomparso nel 2017, in una intervista a ‘OFF’ de ‘Il Giornale’
Squitieri, la moglie: “Considerato uomo scomodo, grazie a lui ho le pa***. Napoli? Il mio grande amore”. Pasquale Squitieri, tra gli altri, è stato regista e sceneggiatore del film ‘Li chiamavano Briganti’, definito un esempio di revisionismo storiografico sul risorgimento, volto a raccontare un’altra versione dei fatti avvenuti durante il Risorgimento, in special modo nel Meridione. Si tratta di un film praticamente introvabile se non su YouTube. All’epoca fu pesantemente penalizzato dalla critica prima del definitivo ritiro dalle sale per motivi mai specificati.
Ottavia Fusco Squitieri racconta alcuni retroscena legati al regista napoletano scomparso nel 2017, in una intervista rilasciata ai microfoni di ‘OFF’, l’inserto de ‘Il Giornale’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
«Pasquale Squitieri per me è stato un meraviglioso incontro di intelligenze, per me ha rappresentato tutte le sfumature possibili che un rapporto tra un uomo e una donna possano contemplare. Le abbiamo passate tutte, sono stata amante, moglie, amica, sorella, infermiera negli ultimi tempi. Abbiamo vissuto un calvario terribile, cominciato con la sua malattia, il tumore al polmone, che lui aveva vinto trionfalmente e poi l’incidente.
L’incidente d’auto che lo ha lentamente, in un anno e mezzo, completamente devastato. Pur avendo vinto un cancro inoperabile al polmone, erano ormai 7 anni che ne era fuori, ma l’incidente d’auto lo ha massacrato e fatto morire. Per me è stato fonte di crescita, di maturazione e adesso mi sento una donna libera, una donna con le palle: stare con lui è come imparare a guidare a Napoli, il mio grande amore».
Squitieri, la moglie: “Era considerato un uomo scomodo”
Per il cinema invece cosa ha rappresentato?
«Pasquale era un uomo scomodo, lo sappiamo tutti e come tale era etichettato. Avevano bisogno di appiccicargli un’etichetta per riuscire a gestirlo. Era un uomo curioso, libero, il vero intellettuale che deve andare a curiosare, a occuparsi di tutto. Lui diceva che lo chiamavano fascistone, però Alberto Moravia su di lui scrisse un articolo che si intitolava “Pasquale Squitieri, il piacere della libertà”.
Io ho preso spunto da quell’articolo per dare il titolo al premio cinematografico che lo ricorderà. Ha esplorato la sinistra, lui arrivava anzi proprio dall’estrema sinistra ed era entrato in politica perché voleva vedere dall’interno come funzionasse il potere: diceva che se la sinistra glielo avesse chiesto, sarebbe diventato senatore con loro».
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