Bedy Moratti, i film e non solo, l’attrice si racconta in una intervista a ‘La Verità’
Bedy Moratti: “Film? Ne ho fatti 15 ma la mia passione è un’altra. Amo un giocatore del Milan ma non dovrei dirlo”. L’attrice e sorella dell’ex Patton dell’Inter, si racconta in una intervista rilasciata a ‘La Verità’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
A Milano come aveva cominciato a fare teatro?
«Ho fatto la scuola del Piccolo. Quando mi sono separata dal mio primo marito, mi sono iscritta perché un professore del Piccolo mi ha detto: “Tu hai una bellissima voce. Dovresti recitare”. Ho avuto come compagne Ivana Monti e Andreé Ruth Shammah. Il primo spettacolo che ho fatto è stato al Teatro San Babila con Ernesto Calindri. Ne ho fatti due-tre con lui e poi sono andata a Roma».
Come hanno preso in famiglia questa sua scelta?
«In casa mia c’era l’assoluta libertà, bastava comportarsi bene. I miei genitori erano persone straordinarie. Poi ero già separata, avevo una figlia piccolina».
A Roma è venuta per fare teatro o per tentare la carriera cinematografica?
«Per fare teatro. A me il cinema non interessava molto. Ho fatto una quindicina di film, qualcuno anche bello, però la mia passione era il teatro. Un film bello era Pianeta venere di Elda Tattoli, presentato alla Mostra di Venezia. Posso fare solo un appunto: la mancanza di senso dell’ umorismo. In un film sulle donne, il primo sul femminismo, un po’ di ironia ci sarebbe stata bene».
Il suo primo film è stato Revenge di Pino Tosini.
«Non ci credo che ci sia ancora qualcuno che si ricordi di questo film. Non ne ho mai saputo più nulla. Mi ricordo solo che dovevo fare una scena vestita dentro l’acqua e io, che obbedivo ciecamente agli ordini, mi sono buttata in piscina: avevo un vestito bellissimo che poi ho dovuto buttare via… non credo che avessero i soldi loro per darmi un vestito. Eravamo sul lago di Garda. È stato il mio primo contatto con il cinema».
Bedy Moratti: “Film? Ne ho fatti 15 ma la mia passione è il teatro”
[…] Un altro bel film è …a tutte le auto della polizia… di Mario Caiano.
«Interpretavo la mamma di una ragazzina che era stata uccisa, dovevo piangere… cosa che detesto fare in un film. Mio marito era Gabriele Ferzetti, grande attore di teatro».
Dopo questo film del 1975, per una quindicina d’anni non ha più lavorato nel cinema.
«Ho fatto teatro e anche televisione, per esempio qualche puntata di Un posto al sole, proprio agli inizi della soap opera. Poi ho smesso per un po’ e ho ripreso con il teatro».
[…] Il teatro dà più soddisfazione a un attore rispetto al cinema…
«È un’ altra cosa. Percepisci le reazioni del pubblico, senti tutto dalla sala, capisci se vai bene o se vai male. Ho visto attori molto bravi intimoriti dal pubblico, una paura giustificata e giusta. Non so perché, ma io non ho mai avuto paura».
Nemmeno i grandi attori con cui ha calcato il palcoscenico le incutevano timore?
«No, la gente con me era carina».
La passione per l’Inter ha accompagnato la sua vita…
«Avevo una decina di anni quando mio padre prese l’Inter. Io stavo in collegio, a Montreux. Quando sono tornata a casa, avevo 14 anni e ho cominciato a seguire la squadra. Sono andata ovunque e sono stata presente a tutte le vittorie dell’Inter. Poi, nel periodo in cui ho vissuto a Roma, l’Inter non era più di mio padre».
[…] Il giocatore che ha amato di più?
«Del periodo di papà Luis Suárez e Mario Corso erano i miei preferiti, due campioni veri. Della squadra di Massimo tutti avevano qualcosa di speciale. Poi, nonostante oggi sia al Milan, adoro Zlatan Ibrahimovic: è un fenomeno, una forza della natura. Anche se non dovrei dirlo».
Bedy Moratti: “Inter? Amo un giocatore del Milan ma non dovrei dirlo”.
[…] Quando suo fratello ha venduto la società, è stato un dispiacere per tutta la famiglia?
«Era il momento giusto. Lo capisco perfettamente: avevamo vinto tutto ed era molto impegnativo per lui».
Tra tantissime vittorie, la più grande delusione?
«Ai tempi di papà quando abbiamo perso a Lisbona contro il Celtic la finale di Coppa dei campioni, nel 1967. Con Massimo abbiamo vinto tutto. Le delusioni potevano essere perdere con la Juve o con il Milan».
C’è stata la beffa del 5 maggio 2002, con la sconfitta all’ ultima giornata di campionato contro la Lazio.
«È stato drammatico perché vedevo i nostri giocatori veramente nella disperazione, per non parlare dei tifosi: sembrava un suicidio di massa! È stato veramente pesante. Non abbiamo mai capito il perché di quella sconfitta: i nostri erano carichissimi, ma il calcio, si sa, è imprevedibile».
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