Roberto Saviano ‘assolve’ Maradona in una intervista a ‘La Stampa’
Saviano ‘assolve’ Maradona: “In pasto alla camorra perché solo. Scudetto Milan regalato per calcioscommesse”. Lo scrittore parla del fuoriclasse argentino scomparso e del passato al Napoli in una intervista a ‘La Stampa’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Chi era Maradona per lei?
«Maradona coincide con la mia infanzia. E la sua morte ne è la chiusura definitiva. Tutti i ricordi più felici – quasi tutti – sono legati a lui. Se devo rispondere d’istinto direi che ora sto soffrendo per mio padre, che lo citava due o tre volte in ogni frase su qualunque argomento. L’ho visto essere felice e commuoversi solo con Maradona. Diego per me è stato riscatto, felicità e desiderio, l’incarnazione del talento che ce la fa. Mio padre in questo momento starà soffrendo come se gli fosse morto un fratello. Non ho avuto neanche il coraggio di chiamarlo».
E per Napoli, chi era Diego?
«Come si fa a spiegarlo a chi non è napoletano? Io poi l’ho vissuto ragazzino. Sono del ’79 e il primo scudetto del Napoli è dell’ 87, il secondo del ’90. L’ho visto nella famosa partita dei mondiali tra Argentina e Italia dove tifammo tutti per Diego mentre i non napoletani lo fischiavano. La curva avversaria cominciò a insultarlo e noi iniziammo a scandire il suo nome: Diego, Diego, Diego. Sempre di più, sempre più forte. Indimenticabile».
Come cresce un legame così radicale?
«Cresce perché Diego non tradisce mai, non cambia mai maglia, soprattutto non indossa mai quella della Juventus. Diego per Napoli diventa la compensazione per tutto quello che Napoli non ha mai avuto. Perché Diego, per quanto fosse un uomo vicinissimo a personaggi corrotti e ad ambienti terribili, in campo manteneva la regola del piacere e della lealtà del gioco. Napoli si riconosceva in quella regola e nella sua voglia di felicità. Nella sua generosità. Nella sua furbizia. Solo a Napoli poteva succedere tutto questo».
Saviano ‘assolve’ Maradona: “In pasto alla camorra perché solo”
La camorra cercò di mangiarselo. E in parte ci riuscì.
«Diego era solo. Un ragazzo che arriva da Barcellona con un’ aura di giocatore finito, Goikoetxea gli ha spezzato una gamba, è considerato non stabile con la testa. Eppure trova uno stadio zeppo come se fosse la finale di coppa del mondo. Non c’è mai stata una cosa così nella storia. Né prima né dopo. Si trova catapultato in un luogo dove l’umore di milioni di persone dipende da lui. La camorra comprende le sue debolezze e le usa per tenerlo in scacco. Con la droga, con le prostitute e poi – anche se non c’è mai stata una sentenza – forse con uno scudetto consegnato al Milan perché diversamente ci sarebbero state troppe scommesse da pagare. Eppure Diego riesce sempre a conservare una parte di sé irraggiungibile. E come per tutte le divinità i suoi vizi finiscono per amplificarne la luce».
Le istituzioni sportive lo detestavano. La sua foto nella vasca a conchiglia con i Giuliano fece felice un sacco di gente.
«Diego non negoziava con nessuno, non è mai stato un trafficone schiavo delle autorità o degli sponsor. Ha sempre odiato il potere, da Blatter a Matarrese. Ma la solitudine, la debolezza e l’ignoranza lo hanno portato alla frequentazione di personaggi come i Giuliano».
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