Effetti coronavirus diversi tra pazienti: arriva il test per prevedere chi fra i positivi si ammalerà in modo grave
Effetti coronavirus diversi tra pazienti: ecco chi si ammala più gravemente. La scienza ha ancora poche certezze sugli aspetti della pandemia, una di queste è rappresentata dalla forma della malattia che in alcuni casi risulta, purtroppo, letale. Per scoprire in anticipo la progressione della malattia, arriva un test che individua i soggetti più a rischio.
Lo studio, pubblicato su Nature Immunology, propone un test per prevedere chi, fra i positivi, si ammalerà in modo grave. Lo ha spiegato Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Rozzano e professore emerito all’Humanitas University a Milano, in una intervista rilasciata a ‘La Repubblica’
“Con i colleghi del Papa Giovanni XXIII di Bergamo abbiamo trovato un mattone del sistema immunitario legato alla forma grave della malattia. Può essere individuato con un esame semplice ed economico, un test sierologico che si aggiunge a quelli disponibili. Lo abbiamo provato su circa 150 pazienti affetti da Covid, da noi e a Bergamo. Livelli elevati di questa proteina sono associati a un altissimo rischio di aggravamento”.
“Per un medico è importante sapere su chi concentrare l’attenzione. In futuro servirà a dare i farmaci giusti a chi ne può beneficiare di più. Ad esempio, i dati iniziali di un anticorpo monoclonale negli Usa hanno mostrato beneficio nella fase precoce della malattia, ma non nei pazienti più gravi”
E ancora: “Sarà importante identificare i pazienti che possono trarre beneficio da una cura. Andare verso la personalizzazione. Abbiamo dato il nostro test a vari laboratori scientifici, pensiamo di portare avanti la validazione con il San Gerardo di Monza e il San Raffaele di Milano. Non saprei indicare i tempi per lo sviluppo industriale e la messa in commercio”, spiega l’immunologo.
L’obiettivo
“Il nostro obiettivo è riconoscere i pazienti che si ammaleranno della forma grave. Abbiamo provato a cercare una prima risposta nella genetica: esistono particolari geni che aumentano il rischio, in particolare quelli sul cromosoma 3 che regolano l’infiammazione o l’interferone, uno degli attori della prima linea della difesa immunitaria contro il Covid.
In seconda battuta è stato scoperto, ma non da noi, il ruolo dell’autoimmunità: esistono persone che producono autoanticorpi che minano quella stessa prima linea del sistema immunitario o che aumentano il rischio di trombosi. Oggi con il nostro test abbiamo messo un terzo mattone. Stiamo cercando di fare in dieci mesi quello che per i tumori abbiamo fatto in cinquant’anni”.
Effetti coronavirus diversi tra pazienti: lo studio
“Le mie parole chiave sono speranza e cautela. Speranza perché vediamo una, anzi più luci in fondo al tunnel. E altre arriveranno. Ma cerco di ricordarmi di non entusiasmarmi troppo. Abbiamo buone ragioni per essere cauti. Restano aperte infatti domande importanti, come l’efficacia in anziani e individui fragili. Non sappiamo se i candidati in arrivo raggiungeranno tutti e tre gli obiettivi necessari per un vaccino: proteggere dall’infezione, dalla malattia grave e dalla trasmissione.
Ma ho assistito a un convegno in cui i dati sulla risposta immunologica degli anziani erano molto buoni. Avremo una quota importante di vaccinati in primavera o estate. Nel frattempo, dobbiamo ricordare che nessun vaccino funziona se non è accompagnato da responsabilità e solidarietà. Quando avremo le prime dosi, dovremo mantenere alta la guardia.
Non vorrei che l’idea del vaccino vicino ci spinga all’irresponsabilità, come la scorsa estate. Siamo stati i più bravi al mondo nel combattere un’ondata violentissima, avremmo potuto diventare come Giappone e Corea, con l’epidemia sotto controllo. E invece abbiamo dissipato tutti gli sforzi”, conclude Mantovani ai microfoni de ‘La Repubblica’.
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