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Tardelli: “Myrta Merlino l’amore della mia vita. Flirt Moana Pozzi? Non rinnego. E sul Calcio…”

Tardelli su Myrta Merlino e non solo, l’intervista a ‘Il Corriere della Sera’

Tardelli: “Myrta Merlino l’amore della mia vita. Flirt Moana Pozzi? Non rinnego. E sul Calcio…”. L’ex calciatore si racconta tra flirt, amore e professione in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Oggi lei ha 66 anni. Le sue radici affondano a Capanne di Careggine, in provincia di Lucca. Ripensandosi da ragazzo, che tipo era?
«Timido. Chiuso. Lo sono ancora dopo tutti questi anni, anche se non sembra».

Perché?
«Forse per l’educazione che ho ricevuto. I miei genitori erano ottime persone. Solide, umili e silenziose. Mio padre, di radici contadine, era operaio all’Anas. Mia madre faceva la casalinga e dava una mano nelle case degli altri».

Erano felici della sua vocazione da calciatore?
«Neanche un po’. Il loro sogno era il diploma, l’impiego, un po’ il Checco Zalone di “Quo vado?”. Papà non è mai venuto allo stadio, si agitava troppo a vedermi in campo, mamma venne una sola volta. Mi amavano molto ma erano così».

Che definizione darebbe del suo carattere di fondo?
«Inquieto. Penso sia la parola giusta. Mi placo solo veramente quando ho a che fare con la terra. Papà, quando tornava dal lavoro, si metteva a lavorare nell’orto. E lo stesso capita a me. Nella casa di Pantelleria ho piantato molti ulivi, per esempio, ne chiedo in regalo uno a chi viene a trovarci. E la terra mi aiutò molto a ritrovarmi quando decisi di smettere con il calcio. A un certo punto non ne potevo più di scendere in campo, di giocare. E smisi proprio volendolo, e senza rimpianti».

Tardelli: “Myrta Merlino è una donna solida”

Da dove nasce l’inquietudine?
«Da quell’insicurezza di partenza. Certe cose, o le risolvi da giovanissimo o te le ritrovi per sempre».

Cosa le piace del calcio, in fondo?
«È l’unico lavoro in cui esiste solo il merito. Nessuna raccomandazione può inserirti in una squadra o farti giocare bene. O funzioni o non funzioni. Non c’è altro. Poi ci sono i valori».

Quali?
«I miei, anzi i nostri della mia generazione, sono sempre stati la disciplina, l’onestà, il rispetto delle regole. E imparare a saper perdere. Adesso perdere, per troppa gente, significa quasi morire, una sconfitta terribile, una caduta irreparabile. Invece perdere può essere un aiuto a capire l’errore. A migliorarsi, ed è un altro valore».

Lei ha detto che da tempo non frequenta gli stadi. Perché?
«Le ultime volte ho visto tanta violenza, tanta rabbia. Per troppa gente la vittoria di una squadra è un regolamento di conti con il collega di lavoro, con il vicino di casa, è una specie di rivincita personale a tutto campo. E non va bene. Un esercizio utile sarebbe prendere i figli di certi energumeni e far vedere cosa fanno i padri in tribuna durante le partite. I padri si vergognerebbero e i figli capirebbero cosa non si deve fare…».

Tardelli: “Myrta Merlino? Mi ha fatto crescere”

Poi ci sono gli episodi di razzismo. Tanti, e intollerabili, nel calcio.
«C’è un solo modo: fermare il gioco, la squadra tutta seduta per terra, e arrivederci. Non ci sono soldi che tengano, non c’è business. O fai così o è finita. Mi ricorderò per tutta la vita un metodo inglese. Ero in tribuna per una partita, fumavo il sigaro. Si avvicinò, in silenzio e garbatamente, un tipo tutto vestito di giallo con in mano un cartello ben visibile: “Don’t smoke”. Non mi sono mai vergognato tanto. Smisi subito. Ecco, servono metodi così».

Lei è stato candidato alla presidenza dell’Aic, l’Associazione italiana calciatori. Ora non più. Come mai?
«C’è chi mi ha considerato quello che “spaccava” l’associazione. Invece io volevo mettere la mia esperienza a disposizione dei calciatori di oggi, far ritornare l’Aic un vero sindacato, capace di lottare per tanti diritti. Ma l’ultima cosa che volevo era essere divisivo, perciò niente candidatura. Ho soltanto voglia di mettere me stesso a disposizione del calcio che amo».

Se dovesse indicare in poche parole i principali problemi di quel mondo?
«Prima di tutto i costi del calcio, in generale. Il problema è che c’è chi guadagna cifre altissime e chi, soprattutto in Serie C, non riesce ad arrivare nemmeno alla fine del mese. Poi la questione dei dilettanti, che sono un serbatoio di passione ed energia per tutto il calcio. E penso ci siano troppe squadre».

[…] Ha avuto donne sempre molto belle…
«Sì, è capitato…».

Anche il flirt con Moana Pozzi. Lei non ne parla più, però.
«Non rinnego niente. Ma non mi sembra più il caso di parlarne. È passato tantissimo tempo e poi lei non c’è più».

Tardelli: “Myrta Merlino l’amore della mia vita”

Adesso ha accanto una donna famosa e affermata, Myrta Merlino, un volto-simbolo di La7.
«È stata a lungo un’amica. Poi, quattro anni fa, tutto è cambiato. È l’amore della mia vita: un legame molto profondo. Mai avuto un rapporto così maturo e consapevole. Myrta è una donna solida: mi ha aiutato a crescere. Detto alla mia età può far ridere, anche perché io sono più grande di lei, ma è così. Spero di aver fatto lo stesso con Myrta».

Geloso, dicono.
«Un po’ sì. Non ho paura ad ammetterlo. La gelosia è parte dell’amore».

Lei ha due figli grandi. Sara, giornalista, con lei ha scritto il libro «O tutto o niente/ La mia storia», edito da Mondadori, e Nicola, analista finanziario. Che rapporto ha con loro?
«Di grande amore, prima di tutto. Di stima. Di rispetto, anche dei ruoli. Nicola tende a proteggermi. L’esperienza del libro con Sara è stata bellissima: abbiamo riso, litigato. Io riflettevo e lei scriveva. Bello, sì».

Poi i due figli di Sara, Tancredi e Fiamma. Felice di essere nonno?
«Certo che sì, molto. Sono magnifici. Ma per adesso non voglio fare “solo” il nonno, voglio esserlo nella maniera giusta. Poi, forse, un giorno sarò nonno e basta. Oggi no. Mi manca il tempo. Per fortuna».

Questa serie si intitola «Italiani». Cosa significa per lei essere un italiano?
«Avere cuore. Avere passione. L’italiano non è cinico ed è sempre pronto a dare una mano. Ed è mammone, ha un forte sentimento legato alle radici. Per me è molto positivo. Ma sì, viva l’italiano mammone».

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