Elena Ferrante sulle donne e non solo: l’intervista a Daria Bignardi per ‘Vanity Fair’
Elena Ferrante: “Donne? Per gli uomini sono importanti solo per un motivo. Il mondo è tendenzialmente di destra”. Il mistero avvolge la sua identità, tutt’oggi non si sa molto dell’autrice inserita dalla rivista ‘Time’ tra le cento donne più influenti al mondo. Molte sue opere letterarie sono diventate adattamenti cinematografici tra film e serie tv di grande successo. La nota scrittrice ha rilasciato una lunga intervista a Daria Bignardi per ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Ha seguito quel che è successo al Festival della Bellezza di Verona dove sul tema Eros e Amore erano stati invitati ventotto uomini e una sola donna?
«Sì. E mi è sembrato del tutto in linea con la tradizione maschile. Gli uomini da sempre si appassionano ai nostri corpi, ci amano, ci mettono al centro della loro arte e della loro letteratura, ma solo per suonarsela e cantarsela da soli, stabilendo loro canoni, fissando loro gerarchie. Noi siamo stimoli: suscitiamo piacere, amore, grandi opere. Nel migliore dei casi ci chiamano muse, con tanto di aggettivo possessivo: la mia musa».
Secondo lei maschi e femmine pensano cose diverse su Eros e Amore?
«Assolutamente sì. Ma per quieto vivere fingiamo spesso, ancora oggi, di vederla quasi allo stesso modo. E non va bene».
[…] Tuttimaschi è anche un hashtag e sta diventando un movimento. Lei lo sosterrà?
«Non so. Anche se i maschi facessero tutti come Provenzano, e ogni volta sedessero al tavolo dei relatori un po’ di donne, comunque non avremmo fatto passi avanti decisivi. Temo la cooptazione più delle vecchie ottuse esclusioni».
Elena Ferrante: “Donne? Chissà, gli uomini si adopereranno per diventarlo…”
La filosofa Luisa Muraro ha detto che il nostro è il tempo in cui è finito il dominio maschile sulle donne. Crede anche lei?
«Devo molto alle opere di Luisa Muraro, ho per lei una grande ammirazione. E sì, credo che il patriarcato sia davvero finito, ma un po’ come è morto il Dio di Nietzsche. Il corteo funebre non accenna a smettere di serpeggiare, è tracotante come una sfilata militare e tirerà brutti tiri ancora per molto».
Le sarebbe piaciuto essere un uomo?
«In altre epoche probabilmente sì. Oggi no. Essere donna è una grande avventura e una straordinaria opportunità. Lo sarà sempre di più, c’è tutto un mondo da reinventare. Chissà, gli uomini si adopereranno per diventare donne».
[…] Secondo lei ci sono posti nel mondo in cui le donne sono capite e valorizzate più che qui? E quali, nel caso?
«Mi permetta di non condividere la sua formulazione. Noi non dobbiamo essere capite ma capirci, non dobbiamo essere valorizzate ma valorizzarci. Pretendere riconoscimenti all’interno delle gerarchie maschili di valore è ancora una forma di subalternità. Perciò, un po’ provocatoriamente, mi viene da dire che, malgrado le apparenze, non credo ci siano Paesi che, almeno in questa chiave, fanno molto meglio di noi. Ce ne sono invece parecchi, in giro per il pianeta, che fanno assai peggio».
Elena Ferrante: “Donne importanti per gli uomini per suonarsela e cantarsela”
Oggi, mentre mi risponde, cosa la fa arrabbiare?
«La disumanità».
E cosa invece le piace tanto?
«La complessa, contraddittoria, appassionante, crudele, sregolata amicizia tra donne».
Cosa la ispira quando scrive?
«Sa che non ne ho idea? Anzi, temo che nessuno sappia davvero cosa succede nel nostro cervello, quando miracolosamente la scrittura si avvia».
Durante il lockdown ha scoperto qualcosa?
«Che tutto può cambiare da un momento all’altro; che tutti gli esseri viventi sono esposti alla malattia e alla morte; che la candela è corta e basta un soffio; che la gioia di vivere va nutrita in ogni modo. Niente però, a pensarci, che non sapessi già».
[…] Non tira una bella aria nel mondo, né in America né da noi, per i diritti delle minoranze e per i diritti in generale. I suoi personaggi hanno attraversato il Sessantotto e credo anche lei. Si aspettava che il mondo andasse a destra invece che a sinistra?
«No, ma è stato un errore. Il mondo è tendenzialmente di destra, si sente al sicuro solo dentro una rete fitta di pregiudizi difesi col pugno di ferro. Cambiarlo è tutt’altro che facile e a differenza di ciò che giustamente, entusiasticamente, si pensa da giovani, richiede tempo, studio, lotta tanto paziente quanto permanente».
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