Orietta Berti nuda su Playboy non è apparsa per un motivo preciso, la rivelazione a ‘Il Corriere della Sera’
Orietta Berti: “Nuda su Playboy? Rifiutai maxi offerta per un motivo. Un episodio mi ha segnato…”. La cantante si racconta in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] la mamma cosa avrebbe detto del suo coming out per Di Maio?
Ride: «Mi sono vista attribuire ogni colore politico. Dicevano che ero comunista perché cantavo alle Feste dell’Unità, poi sono stata ritenuta democristiana per le canzoni disimpegnate a Sanremo, poi berlusconiana perché ero nel cast di Buona Domenica. Ma in realtà io sono sempre stata attenta a non schierarmi con nessuno».
A chi deve dire grazie?
«La mia più grande fortuna è stata conoscere un discografico come Giorgio Calabrese: aveva anche De André e Remigi, e si prese cura di me. Da ragazza di provincia senza mezzi finanziari e di comunicazione (per fare le telefonate dovevo andare al bar del paese) mi ha fatto diventare una cantante popolare. Il mio successo lo devo a lui. E al pubblico».
Eppure la prof di canto disse che era stonata…
«Ero come mio papà, talmente timida che non mi usciva la voce».
Come ha vinto la timidezza?
«Non si vince mai la timidezza. Rimane la sicurezza, che arriva quando dopo tante prove non hai più paura. Ma un po’ di emozione ci vuole sempre: se non hai emozione tu non riesci a trasmettere le vibrazioni giuste al pubblico».
Ha iniziato cantando le canzoni tradotte della cantautrice belga Suor sorriso.
«Avevo paura mi etichettassero come una suora. Ma quella era la condizione per poter andare al Disco per l’estate. Tutti gli ordini di suore e preti mi conoscevano, ai miei concerti vengono sempre tante suore, almeno due canzoni devo cantarle per loro».
«Playmen» e «Playboy» le chiesero di posare nuda.
«Mi offrirono cifre da capogiro: ma chi l’avrebbe sentite poi mia madre e mia suocera».
Il primo Sanremo?
«In coppia con Ornella Vanoni, che non voleva farsi fotografare con me perché voleva un collega maschio. Alcuni anni dopo l’ho rivista e mi ha detto che in quel periodo era pazza. “Tu poi eri troppo colorata”, mi diceva. Le dico solo che io avevo un abito nero… Adesso siamo amiche, ci sentiamo tutte le settimane».
Tenco nel biglietto di addio disse che si suicidava come «atto di protesta contro un pubblico che manda Io, tu e le rose in finale».
«È un episodio che ha segnato me personalmente e la mia carriera. C’è stato un periodo in cui nell’ambiente mi schivavano tutti, i giornalisti non volevano intervistarmi e pensare che erano stati loro a non ripescare la canzone di Tenco. Ma sono convinta che il biglietto non lo avesse scritto lui, c’erano due errori di ortografia che mai avrebbe fatto. Per quella storia sono stata messa nell’angolo. Sono sempre stata tartassata, i giornali non scrivevano una riga su dime, sembravo una cantante fantasma e poi vendevo un sacco di dischi. Le mie canzoni sono state fatte in tutte le lingue, da gruppi famosi in tutta Europa».
[…] «Fin che la barca va» è la canzone che la identifica, eppure non le piaceva…
«Non diciamo quante copie ha venduto che poi sono sempre sottoposta a tasse in più… Io volevo una canzone d’amore e a me quel testo non piaceva. L’ho fatta a malincuore, meno male che mi ha convinto mia mamma».
Seguici anche su Facebook. Clicca qui per diventare fan della nostra Pagina ufficiale
Leggi anche:
Toninelli attacca Briatore: “Quella frase è un’offesa all’intelligenza collettiva”
Aggiungi Commento