Johnson Righeira ha dilapidato tutti i soldi, l’intervista a ‘Il Corriere della Sera’
Johnson Righeira: “Ho dilapidato tutti i soldi. In carcere è stata dura. Mai più con Michael”. Il componente del duo si racconta in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Vi siete già lasciati due volte. Magari tornerete insieme.
«Non credo proprio. La prima separazione fu dal 1992 al 1999. Quella definitiva è datata 23 giugno 2015».
Definitiva, che parolone…
«I motivi sono gli stessi, con aggravanti. Non abbiamo più niente da condividere».
Vi siete anche divertiti.
«Vero… La sera facevamo tardissimo e il giorno dopo lasciavamo le camere degli hotel di pomeriggio. Le cameriere si inferocivano. Quando bussavano, avevamo il coraggio di mettere fuori i bagagli e poi tornavamo a letto».
Altri ricordi?
«Certi ritardi clamorosi… Aerei che ci aspettavano, dopo che i nostri discografici avevano chiamato il capo scalo di turno, e noi che spuntavamo sotto gli sguardi omicidi dei passeggeri».
Eravate sempre in ritardo?
«Sempre. A una puntata del Festivalbar sul Gargano ci presentammo fuori tempo massimo al pullman dove ci stavano aspettando gli altri cantanti. A bordo mi accorsi di aver dimenticato una cosa in albergo, lo bisbigliai a Michael e lui replicò: “Se hai il coraggio, dillo tu”». E ride.
Spese assurde?
«Ah, il record è mio. Ero a Riccione, verso la fine degli anni 80, e ci aspettavano a Campagna, nel Salernitano. Ero con una fidanzata e facemmo tardi. Morale: non sentii la sveglia. Era Ferragosto e i treni utili erano tutti partiti, così fui costretto a chiamare un taxi. Quando arrivammo la folla stava già aspettando e il tassametro segnava un milione e duecentomila lire. Il taxista mi fece lo sconto e pagai 900 mila…».
Però non doveva andarvi male. All’estero vi pubblicava l’A&M, che aveva in catalogo i Police e i Supertramp.
«Sono riuscito a dilapidare i soldi man mano che li guadagnavo. Andava tutto così veloce… Una volta a Parigi finimmo in tv con i Culture Club e Boy George in camerino cantava Vamos a la playa: fu un bel flash. Poi conobbi Greg Kihn, di Jeopardy. Era circondato da truccatrici e parrucchiere e disse: che belle le vostre canzoni! Un’altra volta incrociammo i Trammps di Disco Inferno che ci fecero i complimenti. A Colonia trovammo Stevie Wonder che muoveva la testa ascoltando la nostra Hey Mama, così mi avvicinai a stringergli la mano: ho ancora la pelle d’oca…».
Del carcere, cinque mesi nel 1993 per spaccio di stupefacenti (poi assolto), le chiedo solo se ha mai rivisto il detenuto che la protesse.
«Che mi aveva aiutato l’ho capito dopo. Era un povero cristo che trincava, magrissimo con una pancia enorme: diceva che era andato a dormire a casa di un tipo e la mattina dopo lo aveva trovato morto. Dopo la prima notte in custodia cautelare venni richiesto da una cella da sei, anche se eravamo in nove. Furono tutti molto gentili: mi offrivano sigarette, da bere…».
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