Mogol su Battisti e non solo, i retroscena in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’
Mogol: “Battisti il contrario di me, litigai per farlo cantare. Tra noi è finita per soldi, vi spiego…”. L’autore ripercorre alcune tappe della sua vita privata e professionale in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Perché ha scelto questo pseudonimo?
«Non l’ho scelto io, ma i funzionari della Siae. Non volevo utilizzare il cognome vero, per non passare da raccomandato di mio padre Mariano, che aveva un ruolo importante nella Ricordi. Avevo proposto una lista di oltre cento pseudonimi e, quando mi venne dato quello di Mogol, rimasi male, mi suonava cinese, temevo che sarebbe stato un flop. Ora fa parte del mio cognome e di quello dei miei figli».
È stato molto influenzato da suo padre?
«Sono nato in un ambiente fecondo sotto il profilo musicale. Lui era pianista: da giovane andava in giro con la sua orchestrina a suonare nelle sale da ballo. Poi ha fatto l’editore e non il compositore, ma è stato il motore di uno dei miei primi successi. Un giorno mi dice: ho trovato un ragazzo molto bravo, ha un ciuffo sulla fronte, il colletto tirato su, canta come Elvis Presley, ha scritto una bella musica e tu scrivi il testo. Era Bobby Solo e la canzone, Una lacrima sul viso».
Qualche anno dopo, l’incontro con Lucio Battisti. Come vi siete conosciuti?
«Me lo portò a casa una mia cara amica parigina, che si occupava di edizioni musicali e stava cercando un musicista italiano da promuovere in Francia. Mi fece ascoltare le sue canzoni, che non erano un granché e io lo dissi chiaramente a quel ragazzo».
Rimase male?
«No. Mi fece un sorriso luminoso, dicendo: sono d’accordo. La mia amica invece rimase male e io, per metterci una pezza, invitai Lucio a venirmi a trovare, per lavorare a qualcosa insieme. Nacquero le prime tre canzoni, la terza era 29 settembre».
Mogol: “Battisti? Litigai per farlo cantare…”
Erano gli anni Settanta, gli Anni di Piombo, andavano di moda le canzoni impegnate, di protesta, le vostre erano considerate qualunquiste.
«Addirittura fasciste! L’impegno, a quel tempo, era essere di sinistra, fare testi sulla classe operaia, le contestazioni… io parlavo della sfera privata. Era il momento dei cantautori, tipo Francesco Guccini bravissimo per carità, ma le loro non erano canzoni vere e proprie. Scrivevano dei testi politici e poi li cantavano con una musica che non aveva un ruolo fondamentale. Però, poi, ho scoperto una cosa che mi ha fatto piacere: nel covo di via Gradoli delle Brigate rosse, trovarono la collezione completa di Mogol-Battisti. Ascoltavano le nostre canzoni e le nascondevano».
Che persona era Battisti?
«Il mio contrario. Era un matematico, andava in profondità, aveva un pensiero verticale, io orizzontale. Studiava molto, conosceva benissimo la musica internazionale, era molto preparato. Anche sul piano caratteriale eravamo diversi: io estroverso, lui riservato, non parlava mai di sé».
Difficile andare d’accordo tra uno nato a Milano e l’altro a Poggio Bustone?
«Mai una lite, anche se non ci frequentavamo spesso nel privato. Ci incontravamo quando dovevamo realizzare un nuovo album. Lui mi portava la musica, io scrivevo le parole».
E fu lei a convincerlo a esibirsi come cantante. Battisti era timido?
«Non era timidezza, lui si sentiva autore e basta. Però, quando faceva fare i provini ai cantanti, che avrebbero dovuto interpretare le canzoni, e lui gliele cantava, era più bravo di loro! Dovetti litigare con la Ricordi per accettarlo come interprete, ma ce l’ho fatta».
Mogol: “Battisti il contrario di me…”
Come lo convinse a fare quella cavalcata da Milano a Roma?
«Io ero avvantaggiato, essendo appassionato di cavalli, lui all’inizio timoroso. Gli dissi prova! L’ha fatto e ci è riuscito».
Un sodalizio così fecondo perché è finito?
«Per una questione di principio, non per soldi, io al denaro do poca importanza. Tuttavia, era giusto che ricevessi i diritti al 50% e gli chiesi di concedermi la sua stessa quota. Lucio non accettò e ci separammo, ma senza rancore».
Le piacevano le canzoni che Battisti ha prodotto in seguito?
«Trovavo certi testi di Pasquale Panella molto ermetici e lo manifestai a Lucio. Mi rispose che voleva interpretare canzoni che non potessero essere minimamente paragonate a quelle fatte insieme».
Le dispiacque?
«No, era un modo per prendere le distanze dal passato e rinnovare il suo repertorio».
[…] Il 17 agosto compirà 84 anni. Ha ancora voglia di scrivere canzoni?
«Certo! Anche a un’età avanzata come la mia, restiamo tutti ragazzi perché i nostri anni, in confronto all’eternità, sono infinitesimali, una roba di millimetri… La creatività non scade, non ha limiti di tempo».
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