Monica Bellucci e l’ anno di dolore, l’attrice si racconta ripercorrendo alcune tappe della sua carriera in una intervista rilasciata a ‘Io Donna’
Monica Bellucci: “È stato un anno di dolore, e il dolore fa male. In Francia è successo quello che è successo…”. L’attrice si racconta ripercorrendo alcune tappe della sua carriera in una intervista rilasciata ai microfoni di ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] Crede alle coincidenze?
«Mah, a volte succedono cose inspiegabili… Bisogna credere alle fate, piuttosto: non dobbiamo perdere la fiducia che hanno i bambini nella magia. Crescendo diventiamo più freddi, materialisti, cinici, incapaci di sognare. Forse gli attori hanno un privilegio: un rapporto con la realtà “toccato” dalla fantasia, sfiorato da quell’attitudine infantile che serve per creare. Un’attitudine particolarmente importante in questo momento storico, in cui siamo sovrastati da qualcosa che è più grande di noi».
Una tragedia epocale. E un anno perso, secondo qualcuno.
«Niente è mai perso… Un anno di dolore, e il dolore fa male, però fa crescere. Ci fortifica. In certi casi siamo diventati più aperti e più rispettosi verso il prossimo, ci siamo resi conto di quanto siamo interdipendenti: tutti abbiamo necessità di tutti. No, non ho avuto nessuna “folgorazione” nei mesi passati, soltanto la conferma della mia convinzione che le cose importanti sono poche, e sono quelle: la famiglia e gli amici».
Come ha impiegato le lunghe giornate?
«Non ho avuto neppure un secondo per me! Niente libri, niente tv, mi ritrovavo in vestaglia ancora alle quattro del pomeriggio… Deva ha quasi 16 anni e ormai è indipendente, ma Léonie (le figlie nate dal matrimonio con Vincent Cassel, ndr) ne ha 10 e quindi ho dovuto seguirla parecchio nelle lezioni a distanza, dalla mattina fino al pomeriggio. Mi sono resa conto di quanto sia incredibile il lavoro degli insegnanti: se avevo rispetto per la scuola, adesso ce l’ho al cubo!».
Ha trascorso il confinamento sulla costa francese, nella casa accanto a quella del suo ex marito con la nuova famiglia.
«Sì, così le bambine potevano stare sia con me sia con il padre. Quando una relazione finisce, i rapporti devono rimanere intelligenti perché i figli stiano bene. Io, avendo cominciato come modella, ero una nomade strutturale, di continuo tra hotel e aerei. Oggi devo ponderare bene. La vita è così, bisogna sapersi trasformare, adeguare, rinascere. Una metamorfosi continua».
Coronavirus, Monica Bellucci: “Un anno di dolore ma si cresce…”
[…] per la Bellucci quanto ha contato la fede in sé?
«Mi sono sempre sorpresa delle occasioni che mi si offrivano, dai servizi di moda ai ruoli cinematografici. E mi stupisco ancora perché a 20-30 anni non avrei mai immaginato che – a 55 – avrei avuto ancora la possibilità di essere in contatto con questo mondo».
Procede più d’impulso o con progettualità?
«Entrambe le cose. Agire d’istinto è bello, però nel momento in cui hai figli devi usare il raziocinio, non sei l’unica che sarà coinvolta dalla scelta. Comunque non ho uno schema: arrivano progetti e rispondo sì o no… Talvolta ho assecondato con morbidezza le occasioni che si presentavano, altre volte sono andata a cercarle: ho cominciato il cinema in Italia, dopo un po’ mi sono trasferita in Francia, lì è successo quello che è successo…».
Che è successo?
«Nel 1996 ho girato il primo film francese, L’appartamento (sul set ha conosciuto Cassel, ndr), ne sono seguiti altri e nel 2000 è arrivato il primo americano, Under Suspicion, con Morgan Freeman e Gene Hackman. Subito dopo Malèna di Tornatore (per me è stato importantissimo) e i due Matrix. Nel 2003 sono stata chiamata come madrina a Cannes. Nel 2004 sono diventata Maria Maddalena per Mel Gibson in La passione di Cristo. Un puzzle di circostanze che si sono combinate, un impegno ha portato l’altro e oggi sono qua…».
Per citare Francesco Guccini: il tempo prende o il tempo dà?
«Dà e prende. Mi ha dato due figlie in tarda età…»
Via, aveva 40 anni.
«…mi ha dato l’esperienza, la tranquillità di agire con coscienza invece che con incoscienza. Mi ha tolto quel che toglie a chiunque, però non vorrei assolutamente tornare indietro: sono assai curiosa di vedere come saprò affrontare le prossime esperienze. A 55 anni guardi l’esistenza da un’altra prospettiva. Più equilibrata».
E cosa contribuisce al suo equilibrio?
«Forse il tentativo di inseguire quel che mi fa stare bene e sentire viva, nel privato e nel lavoro. Ascoltare cosa mi suggeriscono il cuore, l’anima. Assicurarmi che le mie figlie siano felici. Aderire ai progetti che mi piacciono e, se sto con un uomo, starci soltanto fino a quando sento qualcosa. In breve: il rispetto di me stessa».
Se dovesse tracciare il bilancio dei 30 anni di carriera?
«Direi: non è colpa mia!».
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