Carla Fracci delusa, lo sfogo ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’
Carla Fracci delusa, lo sfogo della leggendaria ballerina di danza classica in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
«Milano è sempre stata una città molto attiva, si riprenderà. Si sta già riprendendo. Lo vedo ogni sera dalla finestra, quando i giardinetti qui sotto si riempiono di ragazzi vocianti e pieni di voglia di vivere. Ho fiducia perché so cos’è la forza di volontà dei milanesi» rassicura quietamente Carla Fracci, 84 anni il prossimo mese.
Anche la sua reclusione sta per terminare. Si sta preparando a lasciare l’appartamento in zona Brera per raggiungere gli amici sul lago, assieme al marito, il regista Beppe Menegatti. […]
«Sono cresciuta lì. E lì è rimasto il mio cuore. La Scala è casa mia, mi piace ritornare, mi piace quanto è affettuoso il suo pubblico. È sempre un grande teatro. Poi bisogna vedere…».
Bisogna vedere che cosa?
«L’arte, la musica, la danza sono il conforto di persone semplici che, con un po’ di fortuna e qualche conoscenza, riescono talvolta a infilarsi di straforo anche alla Scala. Ci è mancato tanto il teatro. Ma so che il lavoro sta riprendendo con artisti importanti, anche se con meno personale».
Sì, ma a cosa si riferiva con «poi bisogna vedere»?
«Alla politica. Potrebbe darci fiducia, diventare un punto di riferimento. È l’unione che fa la forza. Non le rivalità, non la superficialità. Mi riferisco a una grande compagnia italiana di ballo. Non l’abbiamo, perché il meglio non ha saputo restare unito. I teatri di Bologna, Trieste, Venezia, Torino, Roma hanno perso tutte le loro compagnie di ballo. Firenze ha tolto il suo balletto. E anche Verona, nonostante riempisse l’Arena. Ma perché? Già nel 1975, al Festival di Venezia, con Paolo Bortoluzzi avevamo chiamato i migliori nomi italiani, Elisabetta Terabust, Luciana Savignano, Liliana Cosi, Amedeo Amodio… potevamo essere tutti uniti quella sera. Invece. Che occasione mancata!».
Carla Fracci delusa: “Non posso aprire una scuola di danza”
Perché lei non ha mai aperto una scuola di ballo?
«Me lo chiedono in tanti: se non lo fai tu, mi dicono, chi vuoi che lo faccia? Già, rispondo sempre, e i soldi chi me li dà? Da sola non posso pagare un teatro o una sala».
Davvero a Milano non si trova un imprenditore, uno sponsor? Che fine hanno fatto i mecenati meneghini?
«Non lo so. So che io sono stata la bandiera della danza italiana, che ho un’esperienza riconosciuta dal popolo, da cui ricevo tuttora immense dimostrazioni d’affetto. E so che vorrei tanto lavorare con i giovani. Ancora adesso mi impegnerei a fondo. Potrei dare loro non solamente gambe e piedi, ma anche uno stile. Il fattore stilistico si tramanda oppure si perde; e io ho avuto la fortuna di conoscere grandi maestri. Maestri che ti insegnavano tutto, da come si legge la Divina Commedia a come si tiene la forchetta a tavola. Ce ne sono ancora, ma non ci sono le scuole. Mi chiamano icona e bandiera, sono di qui e sono di là, ma non posso aprire una scuola in un edificio qualsiasi. Che enorme delusione!».
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