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Spettacolo

Federico Moccia: “Bonolis rifiutò ‘Non è la Rai’ per quel problema con le ragazzine. Giudizi? Per me conta solo uno…”

Federico Moccia su Bonolis e non solo, l’intervista a Vanity Fair

Federico Moccia: “Bonolis rifiutò ‘Non è la Rai’ per quel problema con le ragazzine. Giudizi? Per me conta solo uno…”. Lo scrittore e regista si racconta rivelando alcuni retroscena sulla sua carriera, in una intervista rilasciata ai microfoni della rivista Vanity Fair.

Nessun amore adolescenziale: Semplicemente amami parla di un rapporto tra adulti.
«Avevo voglia di scrivere un libro più adulto non tanto anagraficamente, quanto nel tipo dei personaggi che sono andato a raccontare. Tancredi e Sofia sono interessantissimi a livello di profondità perché dimostrano che l’incontro con qualcuno può far scattare la chimica o metterci in difficoltà, come spesso capita nelle relazioni. La cosa bella è che si tratta di una tema legato al primo libro, ma che riesce comunque a conservare una propria autonomia: una lettura completa, naturalmente, aiuterebbe a capire meglio da dove vengono e dove andranno i protagonisti».

Federico Moccia: “Mia infanzia piena di ricordi felici”

Tutti i suoi romanzi affrontano il tema dell’amore: perché è così importante per lei?
«Perché l’amore è l’elemento fondamentale della nostra vita, quello che ci permette di fare delle cose di cui non credevamo essere capaci. È come un raggio di sole che, piano piano, scala la nebbia e si riflette nelle storie. Nel caso di Semplicemente amami, parliamo di un uomo milionario che può avere tutto tranne l’unica donna che abbia mai amato: Sofia è difficile, dura, indipendente, completamente diversa da quelle che Tancredi avrebbe potuto conquistare, ed è proprio questo lato di lei che lo attrae. Senza contare che sarà proprio Sofia a suggerendogli di allentare il controllo sulla sua vita. L’amore spesso è il pretesto per raccontare caratteri umani più profondi».

Moccia: “Nella mia prima storia d’amore da ragazzo: ero davvero innamorato”

Lei ha mai avuto un’ossessione per qualcuno come nel caso di Tancredi e Sofia?
«Nella mia prima storia d’amore da ragazzo: ero davvero innamorato, credevo che sarebbe durata per sempre e che quella donna l’avrei sposata. È per questo che, quando mi sono reso conto che la stavo perdendo, è stato difficile accettare che il sentimento stesse svanendo e che non potevo fare nulla per recuperarlo».

[…] A un certo punto scrive: «La realtà ispira i film e la realtà a volte è meglio dei film». Lei con il cinema, grazie a suo padre Pipolo, ci vive fin da bambino. Che infanzia è stata?
«Piena di ricordi felici, con Montesano che veniva a casa per provare le scene e quella volta che andammo in Sardegna dove Celentano andava in vacanza per leggergli il copione del Bisbetico Domato: Adriano voleva sentire le battute da Pipolo piuttosto che leggersi il copione, gli piaceva che gli raccontasse come sarebbe stato il film».

Federico Moccia: “Bonolis? Stava andando via da Canale 5”

Lei ha seguito subito le orme di suo padre entrando nel settore come assistente alla regia: era mai presentato come «il figlio di Pipolo»?
«Ci firmavamo con nomi diversi. Visto che certi sistemi vengono alimentati dall’invidia, capitava che ti inquadrassero pur non avendo visto niente del tuo lavoro. Grazie a papà avevo diversi contatti, ma non è detto che averli sia sempre stata una cosa positiva, senti di avere un’aspettativa più alta sulle spalle proprio perché tuo padre è famoso, ma la verità è che la forza del nostro mestiere è fatta di meriti inevitabili. Se non piaci, se la gente non ti segue, se il film non diverte e non commuove, non ci sono amicizie o raccomandazioni che tengano: è il pubblico che decide se comprare il libro, guardare il film o cambiare canale».

A proposito di canale: lei lavora da tanti anni come autore di programmi tv. Si ricorda il primo che ha firmato?
«I Cervelloni, nel 1993. In quel periodo Paolo Bonolis stava andando via da Canale 5 perché il direttore Mario Gori gli aveva proposto di fare Non è la Rai, solo che Paolo, con le ragazzine molto giovani sulle quali non si potevano fare battute, non usciva per quello che era, un po’ cinico e ironico. Non si era ancora misurato con le interazioni con il pubblico ed è per questo che abbiamo scelto lui per I Cervelloni: per la prima volta potè confrontarsi con personaggi strampalati del popolo che hanno tirato fuori il suo genio italico, la sua curiosità verso gli altri».

Federico Moccia: “Con Bonolis ci siamo sempre divertiti”

Con Bonolis lavora a lungo in programmi come Chi ha incastrato Peter Pan? e Ciao Darwin, che continua a firmare come autore. Come mai continua a farlo?
«Perché ci siamo sempre divertiti tantissimo, senza contare i risultati, con le puntate dell’ultima edizione arrivate al 27% di share e le repliche durante il lockdown al 22%, circa 5 punti in più di un qualsiasi altro programma in diretta in quelle settimane lì. Al di là di tutto, considero la letteratura, il cinema e la tv come vasi comunicanti, esperienze di vita che ti arricchiscono e che ti permettono di conoscere la gente. Se hai successo lo devi sempre al pubblico. Se una donna ti ascolta e ti solleva un’obiezione dovresti dare retta a lei perché è quella signora che guarderà la tv quella sera, non il direttore di rete: non può esserci un suggerimento o una critica che non ti possa aiutare a crescere».

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[…] Insisto sul piacere agli altri, perché la critica letteraria italiana non le ha mai fatto sconti. Ha mai sofferto per questo?
«L’uomo che non voleva amare era il tentativo di fare una scrittura diversa, speravo che potesse essere visto sotto una nuova luce e che magari avrebbe gareggiato in qualche premio, ma non è successo. Molta critica ha un suo pregiudizio ormai radicato e non c’è verso di farle cambiare idea. In Spagna, per esempio, non sono un Federico Moccia diverso da quello dell’Italia, solo che lì i miei libri non vengono ritenuti per adolescenti, ma vengono letti da donne e uomini di età adulta perché capiscono che, anche dietro a Tre metri sopra il cielo, c’è lo spaccato di una famiglia, qualcosa di più profondo. Alla fine, la critica più importante rimane sempre quella del pubblico».

Federico Moccia: “Bonolis rifiutò ‘Non è la Rai'”

[…] Cattelan su Twitter ha lanciato un giochino nel quale chiedeva agli utenti di indicare il titolo di un libro che, se piacesse a un loro conoscente, rinnegherebbero. Molti hanno risposto a questa voce: «un qualsiasi libro di Moccia».
«Penso a quando partecipo agli incontri in estate e, alla fine dell’intervento, i lettori vengono da me, comprano il libro e mi dicono “non ti avevo mai letto ma sei straordinario, mi ero fatto un’altra idea di te”. È divertente che si abbia un’idea su qualcuno che non hai mai visto, né letto, né conosciuto. Ogni tanto abbiamo a che fare con un gregge che segue qualcuno che indica una strada da seguire senza effettivamente sapere dove andare. Un po’ come i giovanissimi che partecipavano alle manifestazioni che, quando gli chiedevi per cosa si stessero battendo, rispondevano che erano lì perché c’era una loro amica. Lì ti accorgi della mancanza di consapevolezza e di criticità che è, poi, la pecca più grande della nostra società, che ha perso un po’ la bussola».

[…] Il suo ultimo post su Instagram risale al 2017. Come mai?
«Facebook lo uso di più, ma ai social in generale continuo a preferire la chiacchierata, l’incontro con la gente, vedere una loro risposta, se si divertono, se si incuriosiscono o si distraggono. Non è detto, però, che non mi ci dedicherò più a fondo in futuro: durante la pandemia la tecnologia è stata l’unico modo per sentirci e mi è capitato di fare delle dirette su Instagram e degli incontri mentre leggevo e cercavo di essere utile in un momento così difficile. Non voglio dipendere dai social, anche se Facebook mi aiuta a capire certe cose della gente, la bellezza e la generosità di alcuni e la maleducazione e la cattiveria di altri».

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