Coronavirus, il gruppo sanguigno che fa da scudo e quello che mette più a rischio: lo studio internazionale conferma il sospetto
Coronavirus, il gruppo sanguigno che fa da scudo e quello che mette più a rischio: lo studio. Uno studio internazionale ha confermato un sospetto avanzato in un precedente studio cinese: il gruppo sanguigno A aumenta la probabilità di avere sintomi di Covid-19 più gravi. A spiegarlo è Luca Valenti, medico del Centro trasfusionale del Policlinico di Milano e coordinatore italiano del team.
“Per ora abbiamo due marcatori genetici che indicano un aumento del rischio di gravità della malattia Covid-19: uno è il gruppo sanguigno, che conosciamo meglio, e l’altro è una regione del cromosoma 3 che comprende alcuni co-recettori del virus e fattori infiammatori, ma è ancora in corso di definizione. Conoscendo questi due fattori sarà possibile prevedere, nel caso l’infezione persista nella popolazione o si verifichi una seconda ondata, quali persone saranno più suscettibili a eventuali complicazioni”.
I pazienti con gruppo 0, invece, sembrano più protetti dagli effetti del nuovo coronavirus. Questo gruppo sanguigno sarebbe infatti associato a sintomi più lievi. Nel dettaglio, secondo quanto riferito dai colleghi tedeschi dell’università di Kiel – citati dall’agenzia Dpa – le persone con gruppo A hanno circa il 50% di chance in più di sviluppare una forma severa di Covid rispetto a persone con altri gruppi sanguigni, e quelli con gruppo 0 hanno un 50% di chance in meno di diventare un caso grave.
Coronavirus e gruppo sanguigno: lo studio
La prova del nove è nella ricerca guidata in Italia dall’Irccs di via Sforza, che ha preso in esame 1.600 pazienti del nostro Paese e della Spagna, i più colpiti dall’emergenza coronavirus. Il lavoro pubblicato sulla rivista scientifica ‘New England Journal of Medicine’, che ha coinvolto anche l’Istituto clinico Humanitas e l’ospedale San Gerardo di Monza insieme a centri di ricerca norvegesi, tedeschi e spagnoli, offre informazioni preziose, sottolineano gli esperti.
“In questo modo i medici potranno preparare in anticipo le migliori strategie di prevenzione e trattamenti più mirati. Inoltre, questa scoperta è fondamentale per la ricerca scientifica, perché può contribuire alla messa a punto di vaccini efficaci contro Sars-CoV-2”, sottolinea Valenti.
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