Caso mascherine, Irene Pivetti indagata a Siracusa
Caso mascherine, Irene Pivetti indagata a Siracusa: le accuse per l’ ex presidente della Camera, sono frode in commercio e immissione sul mercato di prodotti non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza. La gdf di Siracusa ha sequestrato 9mila mascherine in diverse città italiane.
L’ ex deputata leghista è indagata dalla procura di Siracusa in qualità di amministratore delegato della Only logistics Italia srl, nell’ ambito di un’ inchiesta sull’ importazione e la distribuzione di mascherine dalla Cina.
Secondo gli uomini delle Fiamme gialle, i dispositivi di protezione individuale sequestrati erano accompagnati da una certificazione inattendibile di conformità alla normativa europea. “E’ emerso che il codice relativo al certificato era estraneo all’ente certificatore e, quindi, falso”.
La Guardia di Finanza ha accertato che i dispositivi appartengono a una partita di merce per la quale il direttore centrale dell’ Inail ha espressamente vietato alla società importatrice la messa in commercio.
La prima indagine ai danni della società della Pivetti era partita dal sovrapprezzo delle mascherine in alcune farmacie. Quindi gli uomini della Guardia di Finanza sono arrivati ad un hangar commerciale del terminal 2 dell’aeroporto di Malpensa, dove erano custodite migliaia di mascherine Fpp2, sequestrate su disposizione della procura di Savona, che contesta alla Only logistics, appunto, l’ assenza del marchio di certificazione.
Caso mascherine, Irene Pivetti indagata
L’ ex leghista già nei giorni scorsi in una intervista rilasciata a CorSera, difende la correttezza del suo operato di imprenditrice attiva ormai da molti anni nell’import e export. In particolare, ha spiegato la Pivetti “ad oggi ho importato oltre 12 milioni di mascherine, molte delle quali per la Protezione civile e altre per ospedali, farmacie o aziende, facendo atterrare sei aerei cargo”.
La Protezione civile ha però smentito l’esistenza di qualsiasi ‘accordo riservato’ tra il Dipartimento e la Only Logistics: si parla di un contratto di fornitura per 15 milioni di dispositivi.
Il problema, ha detto l’imprenditrice, è che «la mia società ha iniziato a importare questa partita sulla base della legislazione prevista dal decreto legge del 2 marzo, che poi è stata recepita in senso assai restrittivo nel Cura Italia. Noi abbiamo rispettato quanto previsto dal contratto con la Protezione civile, soltanto che poi le regole sono cambiate in corsa, affidando all’Inail la competenza di certificare i dispositivi di protezione», certificazioni che poi non sono state ritenute consone.
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