Miss Keta su Sanremo e non solo, l’interprete rap racconta le sue ultime esperienze professionali a ‘Il Corriere della Sera’
Miss Keta: “Sanremo costume italiano. Io ribelle, porto la maschera per un motivo”. L’interprete rap racconta le sue ultime esperienze professionali in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’ .
Perché la maschera?
«Volevo dare una voce piuttosto che un volto condiviso così tutti si possono riconoscere. E poi la maschera ha un fascino che viene dal teatro greco, ma anche dai giullari di corte, gli unici che potevano scherzare sul re».
Nell’epoca della fama per tutti, lei va controcorrente.
«Sono sempre stata ribelle, faccio il contrario di quello che fanno tutti. Non la tolgo mai, l’ho fatto solo una volta con il mio ex marito e ho sbagliato».
Il suo genere musicale è il rap, canta con il volto mascherato e anche i suoi testi (come quelli di Junior Cally) sono stati criticati. La musica deve essere un modello?
«Sono convinta che l’arte debba avere la massima libertà di espressione. Come non si chiede a uno scrittore di censurare il suo flusso di coscienza, così deve essere per la musica. Non è nascondendo le cose nelle scatole che aiutiamo i giovani a capire la realtà».
Ha duettato — maluccio — con Elettra Lamborghini in uno dei brani che hanno fatto la storia del Festival: «Non succederà più» di Claudia Mori. Perché l’avete scelta?
«L’idea era quella di giocare sui ruoli: Elettra perfetta nei panni di Claudia Mori, io in quelli di Celentano: volevamo uscire dal cliché del duetto d’amore tra uomo e donna; l’abbinata amorosa donna-donna è stata uno schiaffo all’eteronormatività».
Ecco appunto, è stato un Festival sessista?
«C’è ancora tanta strada da fare per arrivare a far capire a tutti che uomini e donne sono uguali e che quella che conta è la qualità — non estetica — delle persone. Il Festival — che è supericonico e parte dell’immaginario pop — ha comunque acceso una luce su questo tema e mi sembra importante far sì che non si spenga».
Il suo mondo musicale, quello del rap, però è dominato dagli uomini…
«È innegabile: gli artisti sotto i riflettori sono soprattutto maschi. Ma le cose stanno cambiando, le donne stanno prendendo il loro posto e l’attenzione che meritano. Io ho dovuto dimostrare tutto sul campo: se da una parte è stato faticoso, dall’altra mi ha reso più forte. E sono convinta che si arriverà all’equità».
Su Sanremo non ha fatto la snob, è ribellione pure questa?
«Il Festival fa parte del costume italiano. Non c’è da snobbarlo, anzi è un megafono importante. L’importante è come lo si affronta, ossia rimanendo se stessi e portando una canzone che rispecchi il tuo lavoro. Come hanno fatto Mahmood l’anno scorso e Achille Lauro quest’anno».
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